Copenhagen, accordo per limitare a due gradi l’aumento delle temperature. Balle, saranno di più
Raccontano balle. La bozza ufficiale Onu di accordo alla conferenza sul clima di Copenhagen fissa un obiettivo, contenere l’aumento delle temperature fra 1,5 e 2 gradi rispetto all’era pre industriale, e uno strumento per raggiungerlo: dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2050.
Ebbene, parola di scienziato: se anche le emissioni di gas serra venissero ridotte qui e ora in modo drastico, l’aumento delle temperature sarebbe comunque superiore ai 2 gradi.
Potete immaginare da soli cosa succederebbe: finora si è verificato un aumento di “appena” 0,8 gradi, e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Per parte mia, mi limito a sintetizzare cosa ha dichiarato a Repubblica Rank Raes: scienziato, appunto. E poi magari ci aggiungo uno spruzzo di pepe e sale mio.
Dunque. Rank Raes è il capo dell’Unità cambiamenti climatici del Centro di ricerca della Commissione europea. La sua posizione è quella che i migliori climatologi del mondo hanno già espresso nel Copenhagen Diagnosis, un manualetto ad uso dei politici i cui concetti – pare – questi ultimi non hanno ben assimilato. Ma torniamo al ragionamento di Raes.
Rispetto all’era pre industriale le temperature sono già aumentate di 0,8 gradi a causa delle attività umane. La causa è soprattutto l’anidride carbonica, che entra nell’atmosfera in seguito all’uso dei combustibili fossili.
I gas serra che si trovano già nell’atmosfera provocheranno un ulteriore aumento della temperatura pari a 0,5 gradi nei prossimi decenni.
Smettendo di bruciare combustibili fossili, l’atmosfera si ripulirà dalle particelle inquinanti che ora vi sono presenti, e che schermano le radiazioni solari e il reale aumento della temperatura. E’ un altro grado circa di aumento che va aggiunto.
A conti fatti, dunque, l’aumento delle temperature supererà i due gradi anche se a Copenhagen i politici decidessero di tagliare subito in modo drastico le emissioni. Lo faranno? Di una simile volontà politica non vedo la minima traccia.
Dice Raes a Repubblica: “Uno scenario già considerato buono invece è un taglio robusto delle emissioni dei Paesi industrializzati e una crescita ridotta delle emissioni dei Paesi in via di sviluppo. Ma anche così i gas serra continueranno a crescere ed è molto difficile che si fermeranno prima che si raggiunga un aumento medio di 3 gradi. Poi, dopo qualche decennio, quando il motore della nuova economia avrà ingranato, le emissioni scenderanno”.
E sì, ci vorrà qualche decennio prima che i benefici effetti si facciano sentire. Intanto ci sorbiremo i tre gradi, ci pensate?
Vi avevo detto che avrei aggiunto un po’ di pepe e sale. I politici, e non solo quelli americani, pare siano affascinati dal concetto del cap and trade.
“Cap”, cioè porre un limite massimo alle emissioni: va benone. “Trade”, cioè commercializzare le quote di emissioni. Chi si ferma sotto il tetto vende i suoi diritti a chi lo sfora. E qui non ci siamo: si produrrà una bolla finanziaria utile solo agli speculatori, dicono gli esperti in economia. E le emissioni non scenderanno, aggiungono gli ambientalisti.
Se volete, il “cap and trade” è l’ultima frontiera delle privatizzazioni. Quella che riguarda l’aria, il clima e l’atmosfera.
Su Europa la bozza ufficiale di accordo Onu alla conferenza di Copenhagen
Su Repubblica l’aumento delle temperature non potrà essere limitato a due gradi
Su La Stampa un articolo che contiene un inno alla commercializzazione delle quote di emissioni
Foto (1, 2, 3, 4) Flickr