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Vivisezione, LAV: 70 gatte riabilitate

26 febbraio 2010 0 commenti

Che sorte è riservata agli animali giunti ancora vivi alla fine di un ciclo di sperimentazione nei laboratori italiani? Alcuni, dopo le sofferenze subite, vengono soppressi, altri, anche se malati, vengono recuperati e riabilitati per essere adotattati.

Saranno adottate Marina, Violetta, Sissi e le altre, in tutto 70 gatte, che sono sopravvissute alla sperimentazione per testare l’efficacia di vaccini contro la FIV. Sono state avviate a un periodo di riabilitazione di circa 6 mesi e così potranno essere affidate a famiglie idonee, grazie ad un progetto curato dalla LAV-Lega Anti Vivisezione e da I-Care Italia.
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Le 70 gatte sono state rinchiuse fin da piccolissime nello stabulario dell’Università di Pisa e sottoposte a sperimentazioni continue. Ora sono in un rifugio al sicuro, dove le attende un lento recupero fisico e psicologico, al termine del quale potranno finalmente godere delle cure e dell’affetto di coloro che le adotteranno. Le richieste di adozione saranno gestite da I-Care Italia.

La LAV si occuperà di questi animali per tutto il periodo della riabilitazione, fornendo una casa, cibo, controlli e cure veterinarie e l’assistenza di persone specializzate per il completo recupero fisico e psicologico. Coloro che desiderano essere d’aiuto a questi animali possono farlo seguendo le indicazioni pubblicate su www.lav.it

Queste gatte sono tutte FIV positive, nate in appositi allevamenti, portate nello stabulario e infettate a circa un anno di età per studiare l’efficacia dei vaccini per la FIV. La FIV, o immunodeficienza felina, è indotta da un virus simile a quello che provoca l’AIDS nell’uomo, anche se non è trasmissibile alla nostra specie, e provoca un lento indebolimento del sistema immunitario, rendendo il corpo vulnerabile anche al più banale raffreddore o agente esterno.

Nonostante più di 10 anni di dolorosa sperimentazione su centinaia di gatti, questi vaccini sono mai stati scoperti: è la drammatica conferma che la sperimentazione animale è fallimentare, soprattutto se applicata alla ricerca per l’uomo – afferma la biologa Michela Kuan, responsabile LAV Vivisezione – e che è indispensabile e urgente implementare il ricorso ai metodi alternativi, ovvero che non fanno uso di animali, ai quali il mondo scientifico più consapevole e innovativo riconosce efficacia, scientificità ed eticità.

Queste piccoli felini, identificati come numeri nell’artificiale solitudine di uno stabulario, finora hanno conosciuto solo la prigionia in piccole gabbie, senza potersi muovere, saltare o giocare, senza conoscere l’odore del cibo o interagire con l’ambiente; hanno subito iniezioni, prelievi, controlli continui, dolore e spavento. Per la prima volta, dopo questo stato di lunga deprivazione etologica, fisica e psicologica, sono state avviate alla riabilitazione durante il quale svilupperanno la muscolatura atrofizzata, impareranno ad arrampicarsi, a riconoscere il cibo, a giocare e ad avvicinare le persone con maggiore fiducia.

Siamo abituati ad annunci trionfalistici di esperimenti condotti su animali, discutibili sul piano scientifico ed etico, mentre l’elevato numero di esperimenti fallimentari, e dolorosi, condotti sugli animali viene taciuto da coloro che li compiono. Ci auguriamo che la storia di queste gatte, del tutto simili ai milioni di gatti che sono accuditi nelle nostre case, possa rappresentare una nuova e utile occasione per ripensare alla necessità di una sperimentazione che non commetta più simili orrori. Lo stabulario di Pisa era rimasto l’ultimo ad utilizzare gatti in Italia e speriamo che con il 2010 il nostro Paese dica addio all’uso di animali per scopi scientifici.

Secondo gli ultimi dati resi pubblici dal Ministero della Salute, riferiti al triennio 2004-2006, in Italia a scopo sperimentale sono stati utilizzati 2.735.887 animali (ratti, porcellini d’india, uccelli, ovini, pesci, ecc.) – una media annua di 911.962 animali – e di questi più di 2.800 sono cani (in prevalenza) e gatti.