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Liberi dagli Zoo

7 aprile 2010 0 commenti

La libertà, per ogni essere vivente, è una condizione “culturale” prima che “fisica”. Questo vale anche per gli animali reclusi negli zoo. Per liberarci dalle gabbie degli zoo è necessario completare quel salto culturale che consiste nel rispettare fino in fondo gli animali e tutelarli nel loro habitat naturale.

Alla sofferenza e alla dignità degli animali reclusi negli Zoo – dal Bioparco di Roma allo Zoo di Berlino – è dedicata la mostra fotografica in corso a Roma presso la b>gallery (Piazza di S. Cecilia 16, orari lun-sab 16.30 – 20.30, in mostra fino al 13 aprile), con le opere realizzate dalla fotografa Alessia Cerqua (www.alessiacerqua.com) e il patrocinio della LAV.

Da più di 30 anni la LAV si batte per l’affermazione degli animali come esseri senzienti, sensibili e consapevoli, dotati di un mondo interiore e di sentimenti. Portatori di diritti. Da questo impegno nasce l’incontro con Alessia Cerqua, fotografa romana, che da tempo si dedica alle condizioni degli animali in cattività.

All’interno dei giardini zoologici, leoni, giraffe, orsi o elefanti sono spesso ospitati in gabbie anguste e strette, che non si possono paragonare al loro habitat naturale. La reclusione forzata condiziona e limita fortemente l’etologia degli animali, dalla ricerca del cibo all’interazione con gli altri animali, fino a spingerli a comportamenti nevrotici e a patologie depressive. La fotografa Alessia Cerqua ha colto con grande professionalità e autentica sensibilità, l’aspetto della sofferenza degli animali negli zoo, che una parte dell’opinione pubblica cerca di ignorare o a cui non sa dare un’adeguata risposta risolutiva. La soluzione sta nel rispettare e nel tutelare gli animali nel loro habitat, senza continuare a sottoporli ad una cattività forzata o farne dei “fenomeni da baraccone” per spettatori paganti.

“Contemplativi e inadatti, impossibilitati all’azione, gli animali in cattività rimangono inermi al freddo contatto delle sbarre. La gabbia, luogo asfissiante e claustrofobico, crea vertigini e senso di disorientamento. Allora la sofferenza si rivela, non dissimile da quella dell’uomo costretto in uno spazio inappropriato. Il silenzio cattura l’atmosfera e con voce stordita grida malinconia, rassegnazione e al tempo stesso fierezza. Lo sguardo inquisitorio di alcuni animali suggerisce l’esistenza di sentimenti ed emozioni. Davanti agli occhi di chi osserva prende vita una pantomima della natura che ritrae una condizione per nulla rispettosa della biologia e del mondo di queste creature soggette al predominio umano.” (Testo di B. Gnisci).