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Sperimentazione animale: un “male” curabile

25 maggio 2010 0 commenti

Laboratory mouse given intraperitoneal injectionOgnuno di noi ogni giorno impiega almeno un “chemical”, ovvero una delle centinaia di migliaia di sostanze chimiche esistenti: da quelle contenute nei cosmetici a quelle nei detersivi, nei farmaci, negli alimenti sotto forma di additivi, ma anche nel lubrificante per l’auto, nello stucco da parete; e poi le fibre tessili sintetiche oppure gli articoli in plastica con cui entriamo frequentemente in contatto (elettrodomestici, bottiglie, bicchieri e altri contenitori per alimenti, cellulari, computer, ecc.). Tutte queste sostanze sono testate su animali prima di essere immesse in commercio, ma con quale efficacia sul piano scientifico e con quanta sofferenza per gli animali?

I test su animali non solo sono estremamente crudeli, ma non sono affatto utili per predire ciò che può accadere all’organismo umano quando questo è esposto ad una sostanza: ciò che risulta innocuo negli animali può essere tossico per l’uomo, come è spesso accaduto e come si evince dagli esempi di seguito citati.

Lo studio della tossicità fa parte della cosiddetta fase di valutazione del rischio, che precede la fase di gestione del rischio, in cui le autorità competenti decidono come gestire le informazioni ottenute dai test in laboratorio. Prendendo l’esempio della diossina (sostanza proveniente da alcune lavorazioni industriali), di cui sono noti i dati di LD50 (dose in grado di uccidere il 50% degli animali), è possibile osservare l’estrema variabilità dei risultati. Quale dato dovrà essere considerato nella gestione del rischio? Quello ottenuto sul criceto o quello sul porcellino d’india? O piuttosto quello sulla scimmia, più vicina alla specie umana?
E per quale motivo tante sostanze circolano sul mercato nonostante i test su animali le indichino come tossiche? Le possibilità sono due: a) le autorità competenti non tengono conto dei risultati ottenuti su animali (e allora perché eseguirli?); b) le autorità o l’eventuale interessato (es. industria chimica responsabile di un disastro ambientale) terranno conto solo del dato più “conveniente”: quello ottenuto sul criceto o sul porcellino d’india.

Prendiamo il caso del benzene: i test sul ratto hanno rivelato una DL50 di circa 3800 mg/Kg, indice di innocuità. La casistica di incidenti suggerisce tuttavia per l’uomo una DL50 pari a 20 mg/Kg, che significa un valore altamente tossico. Il consumatore, in ultima istanza sentirà dire da varie fonti (riviste divulgative, trasmissioni televisive, medico di famiglia, etc) che il benzene non è tossico, oppure che è altamente tossico a seconda dell’animale impiegato per il test; il risultato è che il prodotto in questione può continuare a circolare liberamente sul mercato.

Altri esempi di sostanze che hanno effetti differenti su uomo e animali:
– Arsenico: la dose che uccide un uomo è innocua per il cane. Gli studi su animali non hanno confermato quanto si riscontra sull’uomo, così ciò che oggi è noto sugli effetti di questo metallo sono dovuti a studi su popolazioni umane.
– Bifenile A: (si trova nei contenitori per alimenti) è sospettato di produrre danni alle ghiandole endocrine nell’uomo ma gli studi su animali non sono stati in grado di dimostrarlo, rimandando ogni possibile misura contenitiva da parte delle autorità sanitarie. Esiste infatti una variabilità di risposta dell’ordine di 1000 tra diversi ceppi di topo.
– Metanolo: rende cieche le persone, ma nulla di tutto questo è stato osservato negli animali comunemente usati nei test.
– Il paraquat, un erbicida, è altamente tossico a livello polmonare per l’uomo, mentre nel ratto causa solo una moderata tossicità acuta.
– Le ftalimidi (una classe di fungicidi) sono assolutamente innocue per il ratto (LD50 orale: 10000 mg/kg); un effetto teratogeno è stato riscontrato nel criceto, mentre studi su altre specie non hanno confermato questo effetto oppure hanno prodotto risultati equivoci, aperti a molteplici interpretazioni.
– Diclorometano (si usa per rimuovere le vernici e per sgrassare ma anche per estrarre la caffeina dal caffè): in uno studio non ha prodotto tumori in topi e ratti, in un altro, condotto nello stesso anno, sono stati identificati tumori in topi e ratti.
– Cloroformio (anestetico): i tentativi di estrapolare i risultati dai roditori all’uomo sono falliti.
– Tetracloruro di carbonio: distrugge i reni in molti animali, tra cui alcune specie di scimmie, mentre in altre questo non accade.
– Glicole etilenico (nei liquidi antigelo, ma anche in farmaci e cosmetici): è considerevolmente più tossico nell’uomo che in altre specie animali, la dose letale per l’uomo ha un valore di 1,4; per ratto, cavia e topo varia da 5,5 a 14. I ratti risultano più sensibili dei topi.
– Penicillina: è un farmaco che ha salvato la vita a milioni di persone e che per puro caso, a detta dello scopritore Fleming, è stata testata su ratti e non su cavie. Infatti, se così fosse stato, sarebbe stata cestinata, visto che sulle cavie risulta altamente tossica; in questo caso il ratto si comporta come l’uomo, ma non è possibile trarne una regola generale.

A causa della sperimentazione animale, dunque, possono essere cestinate sostanze innocue o utili per la salute umana. Non è possibile stabilire a priori come una sostanza si comporti sull’uomo se non testandola su di lui. La sperimentazione animale è un “male” curabile attraverso il ricorso ai metodi sperimentali alternativi all’uso di animali, efficaci sul piano scientifico ed etici.