Caso Tremonti-randagi. LAV: prevenzione è soluzione
Destano sconcerto e indignazione le dichiarazioni rese da Angiola Tremonti, consigliere comunale di Cantù (Como) e sorella del Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che si è avventurata nel definire un’emergenza economica il randagismo, fino a prospettare la soppressione dei cani rinchiusi nei canili. A darle man forte anche il primo cittadino di Fossalta di Piave (Venezia), Massimo Sensini.
“Non possiamo uccidere tranquillamente i polli da mangiare e scandalizzarci per i randagi da sopprimere, che portano malattie” – ha dichiarato all’Ansa Angiola Tremonti, con una formazione nel campo dell’arte e dalla quale, almeno per questo, ci saremmo aspettati un po’ di sensibilità.
Ma la questione è prima di tutto di rispetto della legalità: la soluzione proposta violerebbe la legislazione italiana perché la ventennale legge 281/91 prevede che i cani ricoverati nei canili possano essere soppressi in modo esclusivamente eutanasico, ad opera di medici veterinari soltanto se gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità. Questo dice la legge.
Inoltre dal 2004 la legge 189 (articolo 544-bis) punisce con la reclusione da quattro mesi a due anni chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale. Non è accettabile, quindi, che proprio coloro che in qualità di amministratori pubblici devono garantire il principio della legalità si lascino andare a proposte insensate e illegali.
Se poi si vuole affrontare la questione dal punto di vista economico e della qualità della vita nei canili, allora il buonsenso richiede che si faccia adeguata prevenzione, non che si sopprimano i cani. Prevenzione significa incentivare le adozioni dai canili, realizzare campagne d’informazione e di sensibilizzazione per far comprendere che abbandonare un animale è un reato oltre che un atto crudele e con costi sociali, realizzare campagne di sterilizzazione, diffondere la cultura del rispetto degli animali che non sono oggetti “usa e getta” o da mercanteggiare.
Poi, fortunatamente, anche in Italia c’è un numero crescente di persone che non uccide polli o altri animali per mangiarseli e si prende cura dei randagi senza temere affatto di prendersi una malattia.