E.Coli: il batterio che fa paura e i prodotti animali
La soluzione del giallo dell’epidemia di Escherichia Coli Enteroemorragica che desta allarme in Germania e in Europa sembra essere ancora in alto mare: dopo il sospetto caduto sui cetrioli, nelle ultime ore anche le prime analisi sui germogli di soia tedeschi hanno dato esito negativo.
La LAV ritiene importante precisare che l’origine di questo batterio è da ricondurre principalmente a prodotti di origine animale: un aspetto che le autorità sanitarie dovrebbero doverosamente rammentare ai consumatori.
“Il ceppo patogeno di Escherichia coli, cosiddetto enteroemorragico, alberga nell’intestino degli animali e contamina le carni attraverso le feci – afferma Roberta Bartocci, biologa della LAV – Non a caso negli Stati Uniti, dove vengono contagiate ogni anno circa 73.400 persone e ne muoiono 60, viene chiamata “hamburger disease” (CDC, Centres for Desease Control and Prevention).”
I vegetali possono essere contaminati attraverso la concimazione animale o con manipolazioni igienicamente scorrette, ma la fonte primaria sono le carni poco cotte (soprattutto di manzo), e anche latte crudo. Il sistema intensivo d’allevamento, dove gli animali sono trattati come in una catena di montaggio, in cui la logica è la quantità a scapito della qualità, può influenzare anche l’igiene degli alimenti e contribuire a creare situazioni di emergenza come quella attuale in Germania così come altre (salmonella, stafilococco, etc).
Le recenti analisi sui germogli di soia, riguardano 40 campioni prelevati dalle serre di un’azienda di Uelzen (Bassa Sassonia) che produce 18 tipi diversi di germogli. Le autorità sanitarie sono al lavoro da ieri e finora sul totale dei campioni a disposizione ben 23 sono risultati negativi, ha annunciato un portavoce del ministro dell’Agricoltura del Land. Le ricerche della fonte dell’infezione, ha spiegato, sono difficili, anche perché sono già passate diverse settimane dallo scoppio dell’epidemia, che risale almeno a metà maggio.
Il governo regionale della Bassa Sassonia (nordovest) ha messo in guardia che i risultati di tutti i test non si conosceranno in tempi brevi, sottolineando che la ricerca della fonte dell’epidemia si sta dimostrando “molto difficile”.
Di fatto, quindi, le autorità sanitarie tedesche sono al punto di partenza e se per il governo federale l’avviso su insalate e germogli vari rimane, la Commissione Europea fa sapere che non c’è una “specifica allerta europea” sui germogli di soia.
Il tabloid Bild scrive che le autorità sanitarie stanno esaminando anche un possibile collegamento con l’Asia: le confezioni di germogli misti, commercializzate dall’azienda di Uelzen, infatti, contenevano anche germogli che sarebbero stati importati dalla Cina.
Intanto in Europa il numero di vittime è salito a 22, di cui 21 in Germania, mentre il quadro aggiornato del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie mostra solo un lieve aumento dei casi a un totale di 2.333 (inclusi quelli più gravi di sindrome emolitica uremica) rispetto ai precedenti 2.263. I Paesi colpiti sono 12.
Per approfondimenti: consulta il Dossier LAV “Rischio sanitario degli allevamenti intensivi”