Mucca produce latte umano. LAV: No a esperimenti di Frankenstein
Dareste ai vostri figli latte ‘umano’ prodotto da una mucca trasgenica? Può sembrare fantascienza e invece in Argentina un gruppo di ricercatori del National Institute of Agrobusiness Technology ha annunciato la nascita della prima mucca al mondo che sarebbe in grado di produrre latte ‘umano’ grazie ad alcuni geni umani inseriti nel proprio Dna.
La clonazione animale è una materia sulla quale esistono gigantesche criticità sia dal punto di vista scientifico che etico: tutte ottime ragioni per opporsi a un simile orrore.
Secondo le prime informazioni pubblicate, il latte ‘potenziato’ conterrebbe due sostanze protettive contro le infezioni che non si trovano in quello prodotto naturalmente dall’animale. “La mucca clonata si chiama Rosita, è nata il 6 aprile con un parto cesareo dovuto al fatto che alla nascita pesava 45 chilogrammi, il doppio di un bovino normale, e quando sarà adulta produrrà latte simile a quello materno umano”, hanno riferito. Speriamo che i ricercatori sappiano bene cosa stanno facendo, dal momento che alla nascita un bovino normalmente pesa tra i 40 e i 50 chilogrammi e dunque con i suoi 45 chilogrammi alla nascita Rosita risulterebbe normale.
“Le applicazioni commerciali di tale latte sono dubbie, andando probabilmente ad alimentare un business tipico dei Paesi ricchi dove sempre più donne ricorrono al cesareo e all’allattamento artificiale per ragioni non mediche e non andrà a tamponare situazioni di grave denutrizione nelle fasce del mondo più povere – spiega la biologa Michela Kuan, resp. LAV vivisezione – Inoltre il problema legato ai primi giorni di allattamento e il conseguente trasferimento della barriera anticorpale tra madre e figlio, non sarebbe ovviato; anzi, si introdurrebbero problemi di possibili virus silenziosi ed effetti indesiderati non preventivati.”
La preoccupazione in questa materia è molto forte, tanto che alcuni mesi fa il Parlamento UE si è espresso in favore del divieto di clonazione di animali per la produzione di alimenti e l’importazione delle loro carni. Una moratoria verso tutti gli esperimenti di clonazione in ambito zootecnico è invece la richiesta che la LAV s’impegna a rivolgere al Governo italiano, affinché il nostro Paese si adegui, al più presto, alle posizioni espresse in Europa e in vista del recepimento della Direttiva 2010/63 UE concernente l’utilizzo degli animali a scopo scientifico, che specifica, con chiarezza, come il ricorso ad modello animale possa essere autorizzato solo in seguito a valutazioni etiche e scientifiche che ne comprovino l’utilità e nel caso non siano disponibili metodi alternativi.
Negli ultimi dieci anni gli esperimenti di clonazione animale sono stati numerosissimi e perlopiù fallimentari, con bassa efficienza delle procedure, ovvero con perdita di vite animali: un dato che molti scienziati si guardano bene dal dichiarare pubblicamente. Infatti la maggior parte degli embrioni animali clonati muore nei primi mesi di gravidanza o, nel caso si concluda il periodo gestazionale, in molti casi nasce morto o con deformità incompatibili con la vita. Più di uno studio, infatti, riferisce risultati allarmanti in materia di clonazione animale: sia quelli dell’Efsa (“ogni 100 animali clonati, 40 presentano problemi di salute, una percentuale che può essere ancora superiore per i cuccioli di meno di sei mesi”), che il precedente studio basato su dati INFIGEN (una delle multinazionali clonatrici) e su studi di Atsuo Ogura del National Institute of Infectious Diseases di Tokyo, secondo cui il 75% degli embrioni animali clonati muore entro i primi due mesi di gravidanza e il 25% nasce morto o con deformità incompatibili con la vita; da 100 cellule di partenza, mediamente una sola diverrà un animale “adulto e sano”.
Per maggiori informazioni: www.lav.it