Home » Maria Falvo » animali, editoriale, Industria, Inquinamento, LAV, Politiche, Senza categoria, sostenibilità »

Manovra “salva Italia”, LAV: tassare le pellicce!

9 dicembre 2011 0 commenti
Visone morde la gabbia (Network Animal Freedom)

Visone morde la gabbia (Network Animal Freedom)

Tassare tutti i prodotti contenenti pelliccia animale con Iva doppia (46%) rispetto a quella applicata ai beni di lusso, per dare un’impronta equa, etica, sostenibile ed ecologica alla manovra economica “salva Italia”. Con questa provocatoria proposta la LAV annuncia la sua mobilitazione nazionale antipellicce: a partire dal 10 e 11 dicembre in tante piazze d’Italia sarà possibile firmare la petizione per chiedere una legge che metta fine alle soffrenze di milioni di animali la cui vita è sacrificata per produrre pellicce.
“La pelliccia animale non è un prodotto etico, ecologico, responsabile e tantomeno sostenibile. E’ un lusso in tutti i sensi. L’immediata applicazione di un’IVA doppia per tutti i prodotti contenenti pelliccia animale – in una società che dovrebbe vietarne produzione e commercio – sarebbe quantomeno funzionale a promuovere e orientare lo sviluppo di attività economiche e di consumi alternativi a quelli che vertono sull’utilizzo di esseri senzienti e, allo stesso tempo, a contribuire a risanare le casse dello Stato”, afferma Simone Pavesi, responsabile LAV Campagne Pellicce.

In Italia l’uccisione di animali senza necessità è un reato, ai sensi dell’art.544-bis del codice penale; ciononostante migliaia di animali ‘da pelliccia’ sono uccisi senza necessità: una contraddizione inaccettabile che richiede opportuni provvedimenti da parte del Parlamento.

Solo nel nostro Paese sono ancora circa 200.000 gli animali, tra visoni e cincillà, condannati a morte negli allevamenti presenti in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Abruzzo.

Nel 2010 il consumo di prodotti in pelliccia (capi interamente in pelliccia, accessori in pelliccia e capi misti in pelliccia/altro materiale) è stato pari a 1.365 milioni di euro, al netto di esportazioni e importazioni. Ciò significa che se fosse stata applicata al consumatore finale una tassa del 46% (il doppio dell’IVA dei beni di lusso) per ogni capo in pelliccia, lo Stato avrebbe incassato 627,9 milioni di euro.

La pelliccia animale è un bene superfluo e crudele perché condanna a morte milioni di animali, un tempo rappresentativo del mondo del lusso, ma oggi veicolata anche nella fascia di mercato medio-bassa sottoforma di inserti (soprattutto di specie meno “pregiate” come il coniglio o il procione); non è più quindi un prodotto esclusivo degli specialisti di pellicceria, ma è commercializzato anche nelle grande distribuzione. Ciononostante il settore della pellicceria costituisce solamente il 2,8% del consumo di abbigliamento in Italia, a dimostrazione di quanto poco necessario sia questo settore del mercato.

Le quote di mercato dei diversi prodotti in pelliccia – nel 2010 pelliccia corta (57%), pelliccia lunga (18%), accessori (11%), inserti (8%), stole e poncho (6%) –  attestano che i capi più venduti sono quelli con un basso consumo di pellicce. A conferma che la pelliccia animale ha solo una “funzione” ornamentale, e che non vi è alcuna necessità oggettiva ad acquistarla e indossarla.

Oltre alle questioni pratiche circa l’utilità del prodotto “pelliccia animale”, si aggiungono anche altre considerazioni di carattere etico, scientifico e ambientale.
L’83% degli italiani si è dichiarato contrario all’uccisione degli animali per farne pellicce, secondo il “Rapporto Italia 2011” di Eurispes, a riconferma di un sentimento negativo della popolazione verso questa forma di sfruttamento degli animali.
Il  Comitato Scientifico per la Salute e il Benessere Animale della Commissione Europea, già nel 2001 giudicò i  metodi di allevamento di animali da pelliccia, come “gravemente lesivi del benessere animale”.

Anche le catture di animali in natura per farne pellicce causano inutili e atroci sofferenze: gli animali agonizzano per giorni prima che sopraggiunga la morte per mano del trappolatore, una morte spesso cruenta perché il tutto avviene al di fuori di ogni controllo e vigilanza del rispetto delle norme che, seppur inefficaci a tutelare il benessere animale, quantomeno dovrebbero porre dei limiti alla sofferenza.

La pelliccia è sofferenza anche per l’ambiente. La produzione di 1kg di pelliccia di visone causa un impatto ambientale maggiore della produzione di 1 kg di prodotto alternativo, come il cotone, il poliestere, l’acrilico: lo documenta lo studio “The environmental impact of mink fur production” .
Il benessere animale, l’impatto ambientale e i valori sociali sono importanti implicazioni della filiera di produzione delle pellicce che sempre più fashion companies prendono in considerazione nell’ambito delle proprie politiche di Responsabilità Sociale d’Impresa, arrivando ad adottare una scelta fur-free. L’elenco dei brand fur-free è disponibile sul nuovo sito LAV www.nonlosapevo.com