Vivisezione illegale, LAV: prima condanna in Italia. Interrogazione su Università di Modena
Vi sembra lecito che una Istituzione pubblica come l’Università di Modena presti il suo nome a un privato, indagato e ora condannato per sperimentazione illegale su animali, al fine di mettere a punto materiali e dispositivi medici fino a qualche tempo fa testati in maniera illecita? E’ la domanda che pone la LAV-Lega Anti Vivisezione dopo la sentenza che nei giorni scorsi per la prima volta in Italia, un Tribunale ha emesso con una condanna a quattro mesi nei confronti del responsabile del “casale della vergogna” a Mirandola (Modena) dove la Guardia di Finanza con le Guardie Zoofile LAV aveva effettuato l’indagine e il sequestro di più di 200 animali fra cavie, topi e conigli salvati dall’associazione animalista.
La LAV, infatti, ha appreso che il 21 aprile scorso, ad appena qualche settimana dai fatti, l’Ateneo ha richiesto al Ministero della Salute un’autorizzazione in deroga per gli stessi test senza anestesia su animali, in nome e per conto dell’allora indagato e ora condannato.
L’On. Paola Frassinetti, Vicepresidente della Commissione Istruzione della Camera dei Deputati, ha per questo annunciato la presentazione di un’interrogazione al Ministro Francesco Profumo ritenendo inaccettabile che l’Università degli Studi di Modena, prestando di fatto il proprio nome, abbia consentito ad una persona indagata e ora condannata per reati tanto gravi, di tentare di continuare ad effettuare esperimenti simili a quelli effettuati in maniera illecita sino a quel momento, con il concreto rischio di prestarsi a un tentativo in extremis di regolarizzare un’attività sino a quel momento pienamente illegale. La deputata chiederà anche al Ministro della Salute di negare all’Università degli Studi di Modena l’autorizzazione a intraprendere il progetto di ricerca richiesto, poiché gli organi dell’Università di Modena, al momento della succitata richiesta di autorizzazione in deroga, non potevano non essere a conoscenza dei presunti e gravi illeciti commessi dal responsabile del laboratorio clandestino.
Secondo le indagini, la struttura era visibilmente in precarie condizioni sotto il profilo igienico-sanitario, in alcune parti era addirittura inagibile. Gli animali erano tenuti in scaffali da stabulazione e utilizzati per “prove di biocompatibilità”, alcuni di loro presentavano evidenti lesioni. Nel laboratorio sarebbero state effettuate più di 1.300 sperimentazioni di biocompatibilità e testati 566 tipologie di prodotti medicali.
Per approfondimenti: www.lav.it