Lo stile messicano piace, ma si attendono i risultati
Qui a Cancun la presidenza messicana si sta guadagnando parecchie simpatie,
anche se gli ambientalisti non si fanno certo prendere dall’entusiasmo e
aspettano sempre di vedere i fatti e le azioni al momento finale
(soprattutto dopo l’esperienza di Copenaghen). Ma lo stile è accattivante,
anche se i critici non mancano.
Ieri il Presidente messicano, Felipe Calderón, ha partecipato a un evento
collaterale insieme ai numeri uno di importanti industrie mondiali e ha
stupito tutti non solo perché ha parlato in inglese, ma perché è entrato nel
merito dei negoziati con una competenza davvero sorprendente.
Poi la Ministro degli Esteri messicana e Presidente della COP Patricia
Espinosa ha chiarito da subito che intende mantenere uno stile estremamente
trasparente, evitando le riunione “segrete” e ad escludendum dello scorso
anno. Si spera che sia la misura delle stanze a fare una selezione.
I due presidenti dei gruppi di lavoro (sotto la Convenzione e sotto il
protocollo di Kyoto) hanno prodotto due testi e iniziato consultazioni
orientate a diminuire le opzioni e creare testi negoziali. Insomma, si
lavora; tutti sono coscienti delle difficoltà estreme, ma anche della
portata della sfida.
Fare passi in avanti è imperativo, perdersi nei negoziati e nei tatticismi
imperdonabile. Gli ambientalisti e tutti i rappresentanti della società
civile, dopo Copenaghen, promettono di non fare sconti a nessuno.
I pessimisti (alcuni certamente in cattiva fede) che da ieri prevedevano
come a Cancun non verrano i Capi di Stato, hanno avuto una risposta proprio
dalla Presidente Espinosa che, mentre ha annunciato che ci saranno ben 25
Capi di Stato, ha anche sottolineato che non entreranno nel merito delle
trattative, ma verranno coinvolti in una tavola rotonda di visione generale
dal Presidente della Repubblica Messicana. Questo per evitare anche
trattative a tutto campo tra gli Stati, dove il Clima può essere solo una
delle pedine: l’ingenuità di Copenaghen non verrà ripetuta.
Anche l’Italia è alla ribalta: pare che i soldi che mancano all’appello
rispetto al Fondo di “Fast Start Up” (primo intervento) da parte dell’Unione
Europea, siano quelli italiani. In effetti nei giorni scorsi il Ministro
Tremonti aveva riconfermato l’impegno italiano, definendo “una questione
tecnica” dove prendere i soldi. Ma i tecnici eseguono decisioni politiche.
Il Presidente Berlusconi aveva assunto l’impegno di 600 milioni in tre anni
per questo fondo. Non mantenere la promessa farebbe fare a molti una
figuraccia. Un giornalista messicano oggi ha posto la domanda durante la
quotidiana conferenza stampa della UE: diplomaticamente, il rappresentante
della Commissione ha risposto che c’è tempo perché il 2010 non è finito e
che comunque chi non versa tutti i soldi quest’anno potrebbe pagarli il
prossimo, a patto che l’impegno totale per il triennio sia mantenuto.
Speriamo che il Governo italiano approfitti di questo salvagente per salvare
la faccia e fare le cose seriamente.