Rinnovabili ed efficienza energetica vanno a braccetto. Ma in Italia l’ipocrisia regna sovrana.
Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, chiede più soldi per l’efficienza e meno soldi per le rinnovabili. Peccato che quando, la scorsa settimana, si sono riuniti i leader europei per decidere un obiettivo obbligatorio sull’efficienza energetica che accompagni quello, già vincolante, sulle rinnovabili, l’Italia non solo non ha mosso un dito, ma anzi si è opposta, come chiarito in una lettera del Presidente del Consiglio. Un ennesimo caso di ipocrisia: bisogna sempre fare altro perché in realtà si vuole fare una cosa sola: spendere tanti soldi (degli Italiani) per il nucleare, anche se poi di centrali difficilmente ne vedremo, e se per caso si costruissero sancirebbero la nostra dipendenza da combustibili esteri e tecnologie estere. Lo sviluppo esponenziale che le rinnovabili stanno avendo nel mondo sono il vero nemico da battere, anche se è un impresa arretrata e impossibile, visto quello che succede nel mondo.
Vorrei chiarire solo due punti. Uno, efficienza, risparmio energetico e rinnovabili vanno a braccetto. Lo chiarisce bene l’Energy Report del WWF. Secondo lo scenario tracciato, nel 2050 la richiesta totale di energia sarà minore del 15% di quella del 2005, malgrado l’aumento della popolazione, della produzione industriale, del trasporto e delle comunicazioni – rendendola disponibile anche a coloro che attualmente non ne hanno. Il mondo non dipenderà più dal carbone o dai combustibili nucleari. L’efficienza energetica è una condizione per l’uso delle rinnovabili. Ed è questo che fa paura a chi non vuole un futuro di piena sicurezza energetica e sostenibilità ambientale.
Secondo punto: si attaccano gli incentivi alle rinnovabili per favorire il nucleare, quando per anni i soldi sono andati per la maggior parte alle cosiddette “assimilate”, cioè ai combustibili fossili e inceneritori. Greenpeace, Legambiente e WWF, in un comunicato congiunto, sottolineano che si tratta di una campagna miope e strumentale per almeno due motivi: 1) L’impatto macroeconomico e occupazionale dello sviluppo delle rinnovabili è rilevante e fa sì i maggiori costi abbiano effetti netti positivi, oltre che sull’ambiente, anche sull’economia (da 23 a 27 miliardi di euro al 2020 secondo lo studio IREX 2010); 2) Tutto il mondo sta investendo sulle rinnovabili, mentre gli investimenti sulle altre tecnologie sono in caduta libera. Non ci si straccia le vesti, invece, per quanto previsto dall’articolo 17 del decreto legislativo 31/2010 (Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell’esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare): “Con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze sono individuati gli strumenti di copertura finanziaria e assicurativa contro i rischi di ritardi nei tempi di costruzione e messa in esercizio degli impianti per motivi indipendenti dal titolare dell’autorizzazione unica, con esclusione dei rischi derivanti dai rapporti contrattuali con i fornitori”.
Per due reattori EPR localizzati in un sito, una simile copertura potrebbe comportare oneri fino a diversi miliardi di euro. Soldi buttati, sia perché l’energia nucleare sta diventando obsoleta, sia perché gli Italiani il nucleare non lo vogliono, sia perché comunque arriverà tardi e costerà molto, ma molto di più delle rinnovabili.
Inoltre, perché l’Autorità non diffonde i dati su quanto ha pagato sinora il contribuente italiano per il nucleare? I costi del passato gravano ancora sulla nostra bolletta, ma questo non scandalizza l’Authority, e a quanto ci risulta ammontano a circa 400 milioni di euro l’anno.
Gli ambientalisti notano infine che i nuclearisti, ancora una volta, non riescono a usare il linguaggio della verità: affermano di non voler essere in competizione con le rinnovabili, e poi attaccano proprio gli incentivi alle rinnovabili. Forse per coprire l’enorme danno economico, oltre che di perdita di tempo, che il nucleare rappresenterebbe per l’Italia.