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Il referendum per abrogare il nucleare c’è ma non si vede (e non si sente)

5 maggio 2011 0 commenti

Il 12 e 13 giugno si vota in una consultazione popolare su 4 referendum, uno per abrogare la legislazione sul nucleare, due per difendere l’acqua quale bene indispensabile alla vita e e non privato, uno sul legittimo impedimento.

Di questi referendum il popolo italiano, o meglio la maggior parte del popolo italiano, non sa nulla. L’unica occasione in cui se ne è sentito parlare è stato per l’annuncio che il Governo avrebbe presentato un emendamento a un decreto legge già in corso di approvazione alle Camere (il cosiddetto “Omnibus”, un’aberrazioni giuridica il cui nome nega i presupposti stessi della necessità e urgenza del decreto legge) per abrogare la legislazione nucleare oggetto del referendum, e quindi annullare la consultazione popolare su quel tema.

Il bello – o meglio, il brutto – è che fino ad allora gli italiani non sapevano né che fosse già in vigore una legislazione nucleare, né che ci fosse un referendum per abrogarla. Gran parte dei cittadini era convinta che gli effetti del referendum del 1987, dove la stragrande maggioranza degli italiani si era espressa chiaramente per abolire il nucleare, fossero tuttora validi. La convinzione poggiava non solo su basi politiche di rispetto della volontà popolare, ma anche sull’indubbia non necessità del nucleare oggi che le rinnovabili non sono più una promessa, ma sono una certezza in rapidissima ascesa a livello globale.

Prima del disastro di Fukushima, la disinformazione aveva il duplice scopo di convincere gli italiani della bontà del nucleare (con spot TV e che “aprivano il dibattito” e moltissime trasmissioni con una massiccia presenza di “esperti” pro nucleare) far fallire il raggiungimento del quorum, visto che perché un referendum sia valido deve votare almeno metà più uno degli eventi diritto al voto.  Evidentemente però  il Governo, abituato a muoversi sui sondaggi, ha dedotto che sul (contro il) nucleare la voglia di esprimersi è molto elevata, tanto più dopo quanto accaduto alla centrale di un paese tecnologicamente avanzato come il Giappone. A ogni buon conto, tanto per continuare a usare tutti gli strumento possibili per non informare adeguatamente e in modo equilibrato l’opinione pubblica, il regolamento per la propaganda sui Referendum sulla TV di Stato è stato varato solo il 4 maggio, dopo accese proteste del Comitato Vota SI per fermare il Nucleare, insieme al Comitato per l’Acqua Bene Comune e alle forze referendarie nei confronti della Commissione Parlamentare di Vigilanza .

Però nel frattempo è scattata la “im-par condicio”, vale a dire il divieto assoluto di parlare di referendum e dei temi a essi correlati. Im-par perché il silenzio corrisponde al rafforzamento dell’astensione e quindi il silenzio è un’espressione che avvantaggia coloro che si oppongono al referendum senza nemmeno costringerli a vincere sul piano delle idee. Intanto l’invito ai lettori è quello di far girare la notizia che il referendum per scongiurare il ritorno del nucleare c’è ancora, fintanto che la norma proposta per vanificarlo non passerà dal Parlamento prima e al vaglio della Corte di Cassazione poi. Certamente il WWF e le forze antinucleari intendono scongiurare il pericolo che si realizzi il “trucchetto” apertamente rivendicato dal Presidente del Consiglio in occasione dell’incontro con il presidente francese Sarkozy: scongiurare il referendum oggi per riproporre il nucleare domani, a effetto Fukushima passato (come se una cosa del genere si dimenticasse).

Non solo: ci sono anche altri due referendum che riguardano l’uso delle risorse naturali, in particolare l’Acqua, quindi votare il 12 e 13 giugno è importantissimo.

Per maggiori informazioni, potete andare sul sito del WWF alla pagina http://www.wwf.it/client/render.aspx?root=6710& e sui siti dei due comitati referendari: http://www.fermiamoilnucleare.it/ e http://www.referendumacqua.it/

Mariagrazia Midulla