Dopo il referendum in Sardegna è chiaro: nessuno vuole il nucleare in Italia.
Una percentuale così non l’avevo mai vista in vita mia, quasi il 98% dei cittadini sardi che si sono recati alle urne per votare per il referendum consultivo sul nucleare ha votato SI, esprimendosi contro la presenza di centrali atomiche sul proprio territorio.
Si pensi che il presidente-dittatore bielorusso Viktor Lukashenko, riconfermato lo scorso anno in un’elezione contestata dall’opposizione, ha ottenuto quasi l’80% dei voti. Insomma, in Sardegna si è raggiunta l’unanimità, e in una votazione libera. Ora, se andassimo a un referendum in tutte le regioni italiane -e ci andremo di sicuro, se qualcuno volesse fare il furbetto e fingere di fermare il ritorno all’atomo oggi per riproporlo domani- sono del tutto certa che i risultati sarebbero simili.
Il Governo questo lo sa benissimo, tanto che sta cercando di bloccare il referendum. Ma è ben chiaro che, dopo il risultato sardo, lo stop sarebbe comunque definitivo, qualunque fosse l’esito del test su computer europeo. Gli Italiani il nucleare non lo vogliono, non lo volevano nel 1987 e ancor di più non lo vogliono oggi, che le alternative futuribili di allora sono ormai una realtà dirompente a livello internazionale, dalle rinnovabili all’efficienza energetica. E, francamente, credo sarebbe ora di confrontarsi su uno straccio di politica energetica intrecciata con gli obiettivi ambientali, invece di continuare a discutere degli interessi delle lobby. E per favore, la lobby del carbone non si ripresenti -visto anche lo stop del Consiglio di Stato a Porto Tolle- e cominciamo a parlare seriamente del futuro.