La Puglia è il polmone nero dell’Italia: inquina il 90% dell’aria con le sue emissioni
Mai come oggi mi risuona nelle orecchie il motivetto di Caparezza Vieni a ballare in Puglia e mai come oggi penso alla promozione turistica, al tanto parlare di voler moltiplicare gli impianti di rinnovabili in questa terra baciata dal sole per gran parte dell’anno, agli impianti eolici che fanno business ma le cui pale son ferme nonostante i venti che attraversano il territorio, mai come ora penso che si parli tanto e si mostri il meglio per coprire il peggio.
La regione Puglia è la regione italiana che inquina più di tutte, alla faccia delle leggi, dei turisti e degli abitanti. Sono stati da poco presentati i dati dell’ARPA Puglia sulla qualità dell’aria, basati sui dati Ines del 2006 che analizzano le emissioni nell’atmosfera. Di seguito la lista che conferisce alla Puglia il premio polmone nero per emissioni nell’aria, dove la Puglia è prima in Italia per:
- emissioni di Anidride Carbonica (il 21,23% del totale nazionale viene emesso in atmosfera da industrie che hanno sede in Puglia);
- emissioni di Benzene (46,13% del totale nazionale);
- emissioni di Idrocarburi Policiclici Aromatici (95,48% del totale nazionale)
- emissioni di Ossido di Azoto (19,63% del totale nazionale)
- emissioni di Ossido di Zolfo (23,27% 46,13% del totale nazionale)
- emissioni di Monossido di Carbonio (81,11% del totale nazionale)
- emissioni di particolato (62,23% del totale nazionale)
- emissioni di Diossine (91,96% del totale nazionale)
I dati sono, a dir poco, tragici, soprattutto se si considera che nella rilevazione non si è tenuto conto delle piccole e medie imprese presenti sul territorio. Solo tenendo in considerazione l’ultimo dato, l’emissione di Diossine, la Puglia da sola - con massima concentrazione intorno all’area di Taranto- con il suo 91,96% emette quasi il totale dell’intera nazione.
A tal proposito, la Puglia è “la prima regione in Italia ad aver varato una legge che riduce il tetto previsto a livello nazionale per le emissioni delle diossine, adottando i criteri contenuti dal Protocollo di Aarhus10, approvato dal consiglio dell’Ue nel 2004 e recepito da 16 paesi dell’Unione ma non dall’Italia. E’ stato trovato un accordo sulla questione diossine-ILVA, con l’imposizione di un limite di emissione pari a 2,5 ng-TEQ/Nm3 a partire dal 1 Aprile 2009 che si ridurrà sino a 0,4 ng-TEQ/Nm3, a partire dail 31 dicembre 2010″; là dove ridurre il tetto nazionale coincide per il 90% col ridurre le proprie emissioni.
Le provincie e i comuni messi peggio sono quelli di Brindisi e Taranto perchè in questi territori sono concentrate le attività industriali a maggior impatto ambientale. Più che di maggior impatto, con questi dati, io parlerei di stato di crisi ambientale imputabile alla presenza dell’Ilva. “L’Ilva di Taranto, il più grande impianto siderurgico d’Europa, occupa un terzo della città che la ospita e i due terzi del porto.
Con i suoi 250 chilometri di ferrovia interna e i giganteschi altiforni, costituisce il più importante complesso siderurgico nazionale. Le sue emissioni sono convogliate in atmosfera attraverso i 256 camini dello stabilimento, e alle emissioni in atmosfera si aggiungono i 140.000 m3 all’ora di reflui in acqua e l’attività di tre discariche, di cui una per rifiuti pericolosi”.
I pugliesi sono probabilmente narcotizzati dai fumi dell’Ilva tanto da non rendersi conto della gravità della situazione mentre l’Italia non si adegua alle leggi europee vincolando l’adeguamento ai livelli massimi consentiti di tutte le aziende IPPC - sia di competenza regionale che nazionale - e attribuendo questo vincolo “a dinamiche di tipo politico-occupazionale-strategico-produttivo che sorpassano, in generale, le possibilità del livello decisionale locale.” Mentre ci impelaghiamo in vincoli di burocratese che impediscono di rispettare i limiti massimi delle emissioni ma consentono di superarli, io invito i signori turisti a pensarci due volte, prima di andare a ballare in Puglia.
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