Lo scandalo italiano del rigassificatore di Trieste denunciato a Lubiana
Se con l’estate la questione di Lubiana è passata inosservata ai media italiani non è stato lo stesso per quelli di Lubiana, dopo che l’Associazione Alpe Adria Green ha inoltrato un report alla Repubblica di Slovenia, per segnalare scorrettezze e falsificazione di dati nel progetto italiano che prevede la costruzione di un terminale marittimo di rigassificazione nel porto industriale di Trieste, al confine con la Slovenia.
I rigassificatori hanno un devastante impatto chimico sull’acqua del mare e un incidente in materia di sicurezza può compromettere l’area circostante in un raggio da 2 a più di 10 km. In caso di esplosione o fuoriuscita dai serbatoi, l’incidente può avere la portate di un’eruzione vulcanica. Per questi motivi i rigassificatori vengono costruiti su coste deserte o a 15 km al largo, protette da due aree concentriche in cui è vietato l’accesso per misure di sicurezza.
Il rigassificatore di Trieste verrebbe costruito nel Porto, nella già inquinata baia di Muggia, a ridosso della città e dell’oleodotto transalpino, non rispettando le norme richieste in materia di sicurezza civile e militare per la vicinanza a persone e a impianti ad alto rischio.
Perchè il progetto vada in porto, già approvato dall’IOtalia alla spagnola Gas Natural, ci vuole anche il consenso della Slovenia ed il progetto presentato si fonderebbe su dati tecnici falsi, acquisiti dalla Polizia Giudiziaria Italiana su denuncia di Alpe Adria Green, WWF, Legambiente e Italia Nostra, più altri comitati triestini. Mentre a Lubiana si parla di denuncia, per chi volesse leggere l’intero report sul rigassificatore di Trieste, il pdf si puà scaricare sul sito di GreenAction.
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