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Fusione fredda, le nuove prove?

25 marzo 2009 0 commenti
In questi giorni, al congresso di Salt Lake City, l’ultimo atto della tormentata ricerca. Pamela Mosier-Boss, chimica del U.S. Navy' s Space and Naval Warfare Systems Center (SPAWAR) di San Diego, California, annuncia, anche a nome di altri ricercatori, di avere ottenuto per la prima volta la prova che la fusione fredda esiste e che si tratta di un processo nucleare, come proverebbero le abbondanti tracce di neutroni registrate nel corso di vari esperimenti. Questa volta, spiega la ricercatrice, la cella elettrolitica contiene deuterio mescolato a cloruro di palladio e gli elettrodi sono fatti con fili di nikel o di oro. «Oltre ai neutroni, le cui tracce sono state evidenziate da una plastica speciale posta accanto alla cella -spiega la Mosier-Boss-, il fenomeno è accompagnato dall’eccesso di calore, dall’emissione di raggi X e dalla formazione di trizio. Tutti indizi a sostegno dell’avvenuta fusione del deuterio». Dal convegno di Salt Lake City, oltre alla speranza di un rilancio del fenomeno su più solide basi, è venuto però un avvertimento che suona come di rottura rispetto all’avventuroso passato di questa vicenda: non si parli più di fusione fredda, ora il termine giusto è l’impronunciabile LENR, acronimo di Low Energy Nuclear Reactions (reazioni nucleari a bassa energia). Basterà la nuova sigla a garantire un percorso meno accidentato a quanti ancora lavorano a queste ricerche?

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Nella foto: 1989, Stanley Pons e Martin Fleischmann e (Università di Salt Lake City - Utah)

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