I dubbi trasversali sul nucleare
Qui di seguito un articolo di una rivista che difficilmente può essere definita di retaggio comunista (ma non mancano mai azzardati voli di fantasia) attacca duramente la scelta del governo Berlusconi sul nucleare. Leggiamo l'articolo di Famiglia Cristiana.
L'ipotesi che tutta questa sia pura propaganda e solo un bluff?
Leggiamo le ragioni qui: "Italia, Francia e il nucleare"
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Nucleare: siamo davvero sicuri che sia la scelta giusta ?...io soldi per le centrali non ne ho!
Entro la fine dell’attuale legislatura il Governo Berlusconi spera di veder posta la prima pietra del gruppo iniziale di centrali nucleari, che dovrebbero assicurarci l’indipendenza energetica. Quel che il popolo italiano rifiutò con referendum alla fine degli anni Ottanta sull’onda della tragedia di Chernobyl dell’aprile 1986, rientra ora dalla finestra grazie a una politica degli annunci cui ci ha abituato il nostro premier e che, all’insegna dello slogan “il Sessantotto è finito”, dovrebbe restituirci una scuola che ci rassicura se torna a bocciare, maggiore sicurezza, e persino il Ponte di Messina per il quale tutti hanno belle parole e la tasca vuota. Aggiungiamo noi che, fra le tante cose che la fine del Sessantotto dovrebbe restituire al Paese, la più importante dovrebbe essere una certa serietà e una qualche coerenza fra gli annunci e le cose che, effettivamente, si faranno.
Per quel che riguarda la serietà vorremmo segnalare la circostanza che nessuna delle obiezioni che hanno indotto gli italiani a rinunciare al nucleare è stata rimossa. Il premio Nobel Carlo Rubbia, che pure non è contrario al nucleare, ha avvertito che la generazione attuale di centrali, del tipo cioè che costruiremo in Italia, è la più costosa e la più pericolosa. Ma anche superando questa obiezione, è realistico pensare che un ritorno al nucleare oggi sarebbe di grande utilità per il Paese e le generazioni future? Intervistato dal nostro giornale sul finire del Governo Berlusconi 2001-2005, un ministro pragmatico come l’attuale responsabile del dicastero delle Infrastrutture Altero Matteoli dichiarò che la complessità e i tempi della costruzione delle centrali nucleari erano tali, che meglio sarebbe stato pensare ad altro. Cosa è cambiato nel frattempo da indurre il Governo a lanciare un nuovo proclama nucleare? Nulla, esattamente nulla: costruire una centrale nucleare era e resta costosissimo, oltre al fatto che la costruzione di una centrale richiederebbe molti più anni di quanto non si dica. Il Governo fa una stima di dodici-tredici anni fra autorizzazioni, permessi vari e tempo di realizzazione. Ma previsioni più attendibili parlano di almeno vent’anni. In un’intervista al nostro giornale, l’allora presidente del Consiglio Romano Prodi, disse che l’Italia era molto diversa dalla Francia: «Il presidente francese», disse Prodi, «può permettersi di annunciare dalla mattina alla sera la costruzione di cinque centrali nucleari senza che accada nulla. Noi dobbiamo, invece, misurarci con la volontà della gente».Ma anche la volontà della gente è un fenomeno sessantottino da rimuovere?
Dice l’attuale ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola che gli elettori residenti nelle località dei vecchi siti nucleari votarono “sì” nel referendum, ma come mai allora tutte le Regioni che si sono espresse dopo la decisione del Governo di tornare al nucleare, hanno detto “no”, comprese quelle governate dalla destra? Infine, come mai, mentre da un lato si sprecano elogi per Barack Obama che punta tutto sulle opportunità dell’energia pulita e l’ambiente, noi torniamo indietro? A parte il fatto, per nulla secondario, che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, in un soprassalto di isolata serietà “neosessantottina”, ha detto: «Con tutto quel che accade, io soldi per le centrali non ne ho!».
L'ipotesi che tutta questa sia pura propaganda e solo un bluff?
Leggiamo le ragioni qui: "Italia, Francia e il nucleare"
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