Home » Giuseppe Onufrio » Fonti, Greenpeace, Politiche »

Nucleare: gli aspetti dimenticati

19 maggio 2009 0 commenti
Bambini vicino all'impianto di Sellafield

Gli aspetti sanitari sono un elemento rimosso dal dibattito sul nucleare. Mentre la propaganda parla di Cernobyl come un incidente che è costato “solo” 56 morti – i cosiddetti liquidatori – nessuno o quasi ricorda che le cifre ufficiali del Forum Cernobyl – che include l’OMS e l’IAEA – parlano di una stima di oltre 9.000 casi tra quelli già morti e l’eccesso di mortalità atteso nell’arco di un secolo dall’incidente.
In occasione del ventennale la rivista Nature commentava che, anche sulla base delle ipotesi di lavoro usate dal Forum Cernobyl, una valutazione più prudente avrebbe portato quella stima a un valore tra 30-60.000 casi mortali totali. Greenpeace, sempre nel 2006, aveva pubblicato un rapporto di una cinquantina di ricercatori bielorussi e ucraini che valuta l’eccesso di mortalità solo in quei due Paesi a circa 100.000 casi. Una sintesi dei principali studi sugli effetti di Cernobyl è riportata nella sintesi del rapporto che si trova su: http://www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/rapporti/disastro-cernobyl.pdf.

Gli impianti nucleari, com’è noto, rilasciano radiazioni anche durante il normale funzionamento, sia in aria che in acqua. Nell’ultimo numero dell’European Journal of Cancer Care si presentano gli aggiornamenti di uno studio sui casi di leucemia infantile riscontrata negli USA nelle aree vicine alle centrali nucleari. Lo studio, condotto da Joseph Mangano del Radiation and Public Health Project di New York e Janette Sherman della Western Michigan University, ha preso in esame diversi periodi di osservazione, dal 1957-1980 per il primo gruppo al 1985-2004 per l’ultimo.
I risultati sono che un aumento statisticamente significativo è riscontrato ed è maggiore (+13,9%) presso i vecchi impianti, meno marcato (+9,4%) negli impianti di più recente costruzione e minore (+5,5%) nelle aree in cui gli impianti sono stati già chiusi. Per quanto studi di questo genere vanno sempre presi con cautela – entrano in gioco diversi fattori tra i quali la migliore capacità diagnostica e terapeutica degli ultimi 20 anni – altri studi condotti in Europa rivelano una correlazione con la leucemia infantile.
Uno studio condotto in Germania da Peter Kaatsch del Registro Tumori di Mainz, e pubblicato nel 2007 mostra un rischio significativo di leucemia infantile (bambini al di sotto dei 5 anni) nei primi 5 km attorno agli impianti nucleari. Un altro studio, specifico del sito di Geesthacht vicino Amburgo, dove l’incidenza è di 3,5 volte la mortalità attesa.
Sempre nel 2007, uno studio internazionale condotto dalla Medical University della Carolina del Sud sulla leucemia infantile presso gli impianti nucleari inglesi, giapponesi, tedeschi, francesi, americani e spagnoli registra un incremento dei casi dal 14 al 21 per cento rispetto alla media, per i bambini da 0 a 9 anni. Lo studio ammette però di non aver trovato una causa specifica di questo effetto.