Nucleare: Enel continua la propaganda da piazzista
Rispetto all’anno scorso la propaganda di Enel sui costi del nucleare francese si presenta con toni meno trionfalistici ma, come vedremo, rimane ancora una comunicazione da “piazzisti nucleari”, le cifre sono altre.
I Conti di Enel non tornano
Com’è noto e come abbiamo citato in questa rubrica, il costo per costruire il reattore nucleare conta per il 70-80 per cento del costo industriale del kilowattora. Se nel giugno 2008 un EPR francese veniva propagandato a 3,2-3,5 miliardi di euro, dopo il disastroso andamento del cantiere in Finlandia oggi viene “venduto” a 4-4,5 miliardi di euro.
Anche questa cifra appare però piuttosto ottimistica – e non suffragata dai fatti – visto che, prima dell’estate in Canada la francese Areva, il costruttore dell’EPR, aveva presentato a una gara d’appalto per due reattori EPR una proposta del valore di 23,6 miliardi di dollari, pari a circa 15 miliardi di euro. Dunque 7,5 miliardi a reattore, ma senza firmare la clausola di assumersi tutti gli oneri di eventuali ritardi. Come già ricordato su questo blog, la gara d’appalto per i due reattori da costruire in Ontario a Darlington è stata poi bloccata per eccesso di costo, visto che la canadese AECL aveva presentato una cifra ancora più alta di quella francese.
E’ possibile chiedere a Conti cosa ne pensa dell’offerta di Areva in Canada? Perchè in Italia costerà di meno? Eppure, per completare due reattori sovietici da 88O MW (in potenza circa metà dell’EPR) in Slovacchia a Mochovce Enel spenderà (a preventivo) 2,9 miliardi. C’è una logica in queste cifre?
In realtà studi e analisi che sottolineano come i costi del nucleare siano ben maggiori di quanto viene propagandato si moltiplicano e continuano a uscire, peccato che in Italia se ne parli così poco (e si dia tanto spazio alle cifre in libertà di Conti). Un recente studio dello IIASA di Vienna (ottobre 2009) mostra come il costo reale del nucleare Francia è cresciuto del 350% in 20 anni. I margini economici del nucleare francese sono dunque legati ai reattori più vecchi, che avevano costi minori e che, una volta ammortizzati i costi di investimento, hanno prodotto utili. Un altro studio commissionato da Greenpeace in Germania (settembre 2009)mostra come i sussidi al nucleare tedesco siano stati pari a 3,9 centesimi di euro al kWh (oggi alla borsa elettrica italiana il kWh è quotato meno di 5 centesimi di euro).
L’elettricità da nucleare costa il doppio dell’eolico
Ma quanto costa allora il kilowattora nucleare che ordiniamo oggi e che deve scontare l’investimento iniziale? Secondo il Dipartimento dell’energia americano (stime del marzo 2009) un nuovo reattore nucleare ordinato oggi e in funzione al 2020 costerà 7 centesimi di euro attuali (80 per cento costo di capitale), un po’ più dell’eolico e del carbone, e più del gas.
Ma questo nel caso in cui il costo di 1.000 MW nucleari sia pari a 2,3 miliardi di euro (3,3 miliardi di dollari), ipotesi che non è appare molto realistica se si guarda il mercato.
Le cifre che circolano sono in realtà più vicine a quelle che Areva ha presentato in Canada che a quelle che Conti propina alla stampa italiana.
Chiedere quanto costa una centrale nucleare è una bella domanda. La presidente di Areva, a proposito del reattore in costruzione in Finlandia ha salomonicamente risposto “ve lo diremo quando avremo finito di costruirlo”.
Wulf Bernotat, presidente dell’azienda tedesca E.On, dichiarava nel 2008 al Times di Londra che un EPR costa “fino a 6 miliardi di euro” se costruito nei vecchi siti nucleari (fermo restando che lo smantellamento dei vecchi reattori spetta allo stato). Oggi che E.On è interessata al mercato italiano, bisognerebbe vedere che prezzo intende raccontare al nostro pubblico.
Recentemente l’azienda americana Floridia Light&Power ha presentato un progetto nucleare (basato sulla tecnologia americana, l’AP1000) con un costo fino a 5,8 miliardi di euro per 1000 MW, dunque oltre 2 volte e mezzo i costi ufficiali assunti dal DOE.
Se quest’ultima fosse la cifra realistica, allora un kilowattora da nucleare costerebbe circa 14 centesimi di euro ai valori attuali, dunque il doppio dell’eolico.
La verità dunque è che un ricorso al nucleare comporterà un aumento delle tariffe elettriche e non una diminuzione. E se dopo i 15-20 anni necessari a ripagare il capitale, i benefici non andranno certo ai consumatori: il differenziale di costo viene incamerato dall’azienda. Esattamente come fa oggi Enel col “carbone sporco” del vecchio (e ammortizzato) impianto di Brindisi, il cui kilowattora viene venduto al prezzo di riferimento che è quello delle centrali nuove a ciclo combinato a gas.
Le incertezze del lungo termine: la gestione dell’eredità nucleare
E per lo smantellamento e gestione di lungo termine delle scorie? Non si sa esattamente. Nel caso della Gran Bretagna, i costi per la gestione delle scorie e la bonifica dei siti ha prodotto un buco nei conti pubblici di 83 miliardi di sterline (90 miliardi di euro). Per bonificare i siti si prevedono attività per i prossimi 130 anni. In Italia lo smantellamento delle vecchie centrali nucleari costerà circa 4 miliardi di euro che stiamo già pagando in bolletta.
Un reattore EPR è progettato per funzionare 60 anni; per smantellare il reattore si aspetta per 20 anni che la radioattività diminuisca un po’, sia per ridurre i rischi sanitari dei lavoratori addetti e i costi. Dunque bisogna accantonare i fondi generati dalle quote prelevate dalla produzione del reattore per 80 anni, sperare che la cifra alla fine basti a coprire le spese e sperare che in questo periodo non ci siano crisi economiche come quella appena passata. Se così non fosse, i nostri pronipoti avranno da noi in eredità un bel “pacco nucleare” senza nemmeno i soldi per gestirne lo smantellamento e lo smaltimento delle scorie.
Qualche economista vuole scommettere sulla credibilità di una strategia su questi tempi e ordini di grandezza? Oppure è più credibile che tutto verrà poi caricato sui conti pubblici che graveranno sulle spalle delle generazioni future?