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La lezione dalla Russia: il nucleare non ci serve

14 agosto 2010 0 commenti

Settimane di siccita’ e ondate di calore senza precedenti hanno colpito la Russia mentre le alluvioni colpivano India, Pakistan e mezza Europa: uno di quegli scenari da eventi climatici estremi e sottovalutati,  raccontati nel film “docu-fiction” The Age of Stupid.

Oltre alla  siccita’, che ha colpito un quinto della Russia e fatto perdere un quarto della produzione di grano e perdite ingenti del patrimonio forestale, gli eventi in Russia hanno evidenziato due altri temi rilevanti: l’incendio delle foreste contaminate dalla nube di Cernobyl e i rischi legati agli impianti nucleari circondati dalle fiamme.

Sui rischi degli incendi delle foreste contaminate, alcuni hanno minimizzato – anche in Italia – dicendo che i radioelementi sono incapsulati nel terreno e dunque l’allarme di Greenpeace era infondato.

Ma, invece, sono almeno 4 gli argomenti a sostegno dell’allarme relativo agli incendi delle foreste contaminate dalla nube di Cernobyl (per fortuna solo 3.900 ha su 310.000 della regione di Bryansk):

1. Non solo Greenpeace Russia ha sollevato il tema ma anche il Ministro per le emergenze russo Serghei Shoigu;
2. Un recente articolo scientifico sul tema (su Developments in Environmental sciences nel 2009)descrive questo come un tema attuale e riporta il caso di un incendio in Bielorussia nel 92 che trasporto’ radioelementi a Vilnius (800 km di distanza) (link nel testo inglese)
3. E’ vero che una parte dei radionuclidi e’ intrappolata nel suolo, ma la maggior parte negli strati superficiali e puo’ essere liberata da incendi violenti;
4. Il rischio da radiazioni ionizzanti – come stabilisce l’ICRP (commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni) – non ha una soglia al di sotto della quale non ci siano rischi; ai livelli di concentrazione che ci si aspetta non daranno luogo a danni immediati ma effetti statistici in funzione delle dosi impartite alle popolazioni

L’altra questione riguarda invece i rischi corsi dagli impianti nucleari legati all’onda di calore e agli incendi. Anche se solo uno dei sei arresti dei reattori nucleari registrati in questo periodo appare dovuto alle condizioni meteo, vale la pena sottolineare i rischi:

1. Nel caso di incendi che isolino dalla rete un reattore (colpendo la linea elettrica o i trasformatori che collegano la centrale alla linea elettrica) il reattore deve essere rapidamente arrestato. Ma il blackout conseguente deve essere fronteggiato con i generatori ausiliari (motori diesel) che oltre a dover funzionare prontamente, devono avere tutta l’autonomia fino a che le linee non siano state ripristinate. Anche a reattore fermo, infatti, e’ necessaria la corrente sia per i sistemi di controllo che per far circolare l’acqua nel reattore ed estrarre il calore residuo che continua comunque a essere prodotto;
2. Presso gli impianti nucleari sono stoccate quantita’ variabili di scorie nucleari o di materiali radioattivi che, se attaccate dal fuoco, possono diventare sorgenti di radioelementi ben più’ importanti delle foreste contaminate. Nel centro atomico di Mayak negli Urali del sud, ad esempio, ci sono 40 tonnellate di Plutonio;
3. Sempre a Mayak, esistono dei laghi da tempo utilizzati come stoccaggi di scorie a media attivita’. Il forte caldo ha fatto evaporare parte dell’acqua (costringendo a compensare artificialmente questa perdita). Gia’ nel 1967 forti venti a seguito di un’ondata di calore avevano disperso nell’aria grandi quantita’ di radioattivita’. Dunque un rischio non legato direttamente al fuoco.
4. Greenpeace ha denunciato nel 2006 che lo scenario del “peggior incidente esterno” valutato per i nuovi EPR francesi – impatto di un piccolo aereo sul guscio – prevedeva che l’incendio conseguente si sarebbe spento nel giro di 2 minuti. Non si tratta ovviamente dello stesso evento (incendi boschivi) ma questo da’ l’idea della vulnerabilita’ al fuoco anche degli impianti nucleari di ultima generazione.

Per intenderci, quelli che si stanno traducendo in perdite economiche colossali quando sono solo alla meta’ dei lavori di costruzione, che non hanno ancora superato le analisi di sicurezza e su cui inopinatamente (e senza alcuna giustificazione razionale) ha puntato l’Enel e il nostro governo.

Giuseppe Onufrio
Direttore Esecutivo
Greenpeace Italia