In fondo al fondo
Se si volesse infierire sui fondi pensione si potrebbero evidenziare i rendimenti con cui hanno chiuso il 2008. Un bagno di sangue, infatti.
Medie ben oltre il -8% (-8,61%) per quelli aperti e il -6% (-5,90%) per i negoziali.
Ma con punte, per quelli azionari, vicine al -30%, (-27,28%).
Per i negoziali, molti segnalano che con la media aritmetica di tutte le linee, la perdita si riduce al 4,6%. Ma questo dato non è un fattore positivo, ma ahiloro maggiormente negativo perché sta a significare nient’altro che per i fondi complementari di categoria - cioè quelli chiusi, quelli sottoscrivibili solo dai lavoratori di quell’azienda o settore - con un patrimonio più ingente hanno fatto peggio degli altri, causando quindi per un numero maggiori di iscritti a queste forme, più elevate perdite. Ma, almeno a chi scrive, non va di sparare sulla croce rossa, quindi la storia dei rendimenti non staremo molto a rimarcarla.
Mi permetto però sottolineare un altro aspetto che denota una gravità e un allarme che non va sottovalutato, una pericolosità maggiore dei rendimenti, seppur fortemente negativi ed ancora in balia dei mercati finanziari.
Basta leggere ciò ch’emerge dall’ultima indagine sull’opinione del mercato previdenziale prodotta da MEFOP e CNEL tra aderenti e non aderenti a metà dello scorso anno (lo trovate allegato qui) ai fondi pensione. La stampa specializzata, quella popolare, nonchè le newsletter e le note dei sindacati e dei gestori finanziari stessi dei vari fondi concordavano, in maniera riassuntiva, affermando: “Fondi pensione, chi li conosce li apprezza” .
Il 90% ha affermato che i fondi pensione sono uno strumento necessario per avere una prestazione pensionistica adeguata e soddisfacente. E quasi il 100%!!! (il 94%) degli aderenti si è detto soddisfatto o addirittura entusiasta del rapporto con la propria struttura.
Solo che poi questi giudizi lusinghieri sbandano con l’evidenza di un successivo dato.
L’indagine sottolinea come solo il 34%, infatti, si aspetta di ottenere rendimenti superiori al Tfr. Che è in evidente contraddizione con le prime due rilevazioni.
Non bastasse l’indagine – riportata in ben 72 slide – ne rimarca un’altra altrettanto evidente… il 60% degli aderenti ha difficoltà a comprendere le caratteristiche dei diversi fondi pensione. Il 33% non sa a quanto ammonta la percentuale di retribuzione versata, il 49% non conosce l’importo del montante accumulato, il 55% del campione intervisto dice di aver investito nelle linee garantite cosa che risulta fortemente sproporzionata dai dati in possesso dalla Covip (Commissione Vigilanza dei Fondi Pensione, 10% per i fondi chiusi e il 20% per i fondi aperti) altrettanto allarmante il che 19% ignora addirittura la linea d’investimento selezionata.
Tutti dati che lasciano (o dovrebbero lasciare) a bocca aperta, basiti o arresi, ricordando la quasi totale positività data dagli intervistati alle prime due domande che abbiamo evidenziato. Non stupisce più quindi il notare che, sia gli aderenti che i non aderenti ai fondi pensione intervistati, esprimano in larga parte un giudizio molto positivo sulla riforma della previdenza complementare, l’83% per gli aderenti e comunque un alto 50% per i non aderenti.
Non da ultimo si può sottolineare che l’indagine intercetta altri disagi contraddittori.
Per oltre il 70% dei soggetti studiati i fondi pensione sono «uno strumento di risparmio per arricchire banche, assicurazioni o sindacati». Ben il 72% di chi ha aderito al fondo ritiene che il fondo è questo, poco lontano dal 78% dei non aderenti che fa la stessa valutazione.
Quante volte abbiamo sentito, già gli anni scorsi, come panacea una frase come questa: “Nei momenti di crisi finanziaria è, quindi, consigliabile non chiedere riscatti, trasferimenti o anticipazioni e non cambiare comparto. Qualsiasi movimento di denaro renderebbe effettive le perdite, che fino a quel momento sono solo virtuali”
Ce lo dicevano i funzionari di banca, gli addetti titoli, i consulenti e i promotori finanziari. Parlando dei nostri soldi ed oggi siamo nella situazione che tutti quelli che vogliono vedere possono constatare. Un bagno di sangue. Ecco queste stesse parole, testuali, sono state ri-dette anche di recente dal Presidente del fondo chiuso Fonchim Luciano Scapolo in una circolare agli associati datata 22 gennaio 2009 (anche questa allegata qui). Che troverà terreno fertile solo grazie ai risultati dell’indagine che abbiamo evidenziato in questo articolo.
Chi scrive resta convinto che non è il rendimento (atteso) l’elemento da tenere in considerazione, ma il rischio assunto per cercare di raggiungerlo. E al lavoratore non gli vengono dati gli strumenti per gestirlo.
Il contributo aziendale del datore di lavoro, un’altra voce che ha spinto molti ad aderire ai fondi è poca cosa in una vita lavorativa e finanziaria lunga.
Le perdite del fondo possono essere ben più pesanti del vantaggio anche del risparmio fiscale. La durata media di 20/30 di investimento nei Fondi pensione è troppo ampia e lunga per metterci al riparo da pericoli e rischi.
Ci sono già stati negli anni crisi cicliche dei mercati finanziari, anche in Italia. Qualcuno sembra non essersene accorto ed ha scelto di aggrapparsi ad blocco di cemento con la speranza di non andare a fondo.