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Il sudato e lo sfangato

10 luglio 2009 0 commenti

tremonti1In queste ultime settimane le agenzie economiche hanno battuto due notizie che meritino di essere riportate ancora in evidenza. La tassazione, il carico fiscale sul lavoro e un nuovo probabile provvedimento del governo sui capitali all’estero.
Ogni commento non è superfluo ma è ovvio.

L’Italia è il Paese Ue dove è più alto il carico fiscale sul lavoro: lo ha reso noto oggi Eurostat in base al confronto effettuato sui dati relativi al 2007. Qui da noi infatti le tasse e i contributi sociali rappresentano il 44% del costo del lavoro, contro la media del 34,3 nella zona euro. I livelli più bassi sono quelli di Malta (20,1%), Cipro (24%) e Irlanda (25,7%), mentre i più dati alti, dopo quelli italiani, sono quelli di Svezia (43,1%) e Belgio (42,3%).
Nel complesso, la pressione fiscale nel nostro Paese nel 2007 ha raggiunto il 43,3%, in aumento rispetto al 42,1% del 2006, e contro una media europea del 39,8% e del 40,4 dei paesi della zona euro.

Sempre secondo le tabelle diffuse oggi da Eurostat, tra il 2000 e il 2008 è invece diminuita di un punto percentuale l’aliquota massima applicata ai redditi delle persone fisiche, passata dal 45,9 al 44,9%. Le aliquote maggiori in questo campo sono quelle registrate in Danimarca (59%), in Svezia (56,4%) e in Belgio (53,7%) mentre le minori si riscontrano in Bulgaria ( 10%), Repubblica Ceca (15%) e Romania (16%).

Per i redditi delle imprese italiane, la riduzione dell’imposizione fiscale è arrivata a sfiorare i 10 punti percentuali. Si è passati dal 41,3% del 2000 al 31,4% di quest’anno. La tassazione tocca invece i livelli più alti a Malta (35%), in Francia (34,4%) e in Belgio (34%) e i più bassi in Bulgaria e a Cipro (10%) e in Irlanda (12,5%). L’Italia è il Paese Ue dove è più alto il carico fiscale sul lavoro. Sempre cifre di Eurostat.

Sullo sfondo stanno emergendo occasionali indiscrezioni su un prossimo provvedimento da parte del Governo sullo “scudo fiscale” che dovrebbe consentire la regolarizzazione di capitali illegalmente portati all’estero. Secondo alcune indiscrezioni l’aliquota dovrebbe oscillare fra il 5% e il 7%. Si parla di un rientro di capitali per circa 50 miliardi (la volta scorsa, nel 2004, furono 80 miliardi circa). E questo nonostante penda l’autorizzazione della Comunità Europea che prevede solo operazioni di regolarizzazione che non impongano il rientro o vincolino per la destinazione d’uso.

Ovviamente cruciale per il successo dello scudo è la dichiarazione riservata.
Cioè restituire a fiduciarie (e banche) la qualifica di intermediario finanziario di cui sono state recentemente private. Così che chi vuole rimpatriare i fondi possa farlo, anche tramite le fiduciarie, in condizioni di massima riservatezza e segretezza