E se l’America piange…
Nove ore di aereo si sono fatte, le forze speciali del Cremlino per andare a tenere a bada la protesta a Vladivostock. E chi protesta? I rivenditori di auto usate! Con buona pace delle chiacchiere generali contro il protezionismo, infatti, anche la Russia ha pensato bene di imporre tasse sull'importazione di veicoli usati. Tale insolita protesta, però, impensierisce il governo: come è facile che accada in questi tempi difficili, la rivolta dei concessionari ha attirato in piazza altre migliaia di persone. D'altronde, in queste remote zone più vicine al Giappone che a Mosca, tutti guidano contenti le loro Toyota e non hanno altro introito che il commercio di auto del Sol Levante.
Le auto russe non sono un granché, in effetti, e stanno attraversando un periodo di pesante crisi per giunta. Decine di migliaia di lavoratori sono finiti in vacanza forzata a Ulianov (città di Lenin), cuore dell'industria automobilistica russa, dove il grande impianto UAZ è fermo e così l'indotto. Un po' si risolve con una sorta di cassa integrazione, un po' si cerca di tamponare il disastro delle vendite imponendo appunto tasse sui veicoli usati. Il risultato è tutti scontenti, i lavoratori di Vladivostok come quelli di Ulianov, che sono scesi in piazza sotto la falce e martello per chiedere lo scioglimento di tutta la Duma.
Il ministro dello Sviluppo Sociale russo ha amaramente ammesso che per la fine del 2009 la disoccupazione nel suo Paese raggiungerà i 7 milioni di persone. Cosa faranno Putin e Mezvedev? Qualcuno li rimprovera per aver puntato tutto sul petrolio, rendendo l'economia monodimensionale; ma in effetti, la strategia non è stata sbagliata. Di petrolio e gas c'è comunque bisogno, e anche in tempi di crisi se la materia prima scarseggia, il mercato continua a tenere. Quello che i leader del Cremlino non avevano messo in conto è il crollo del prezzo: non solo il benessere della nazione, ma anche il sostegno popolare al governo si sono basati per anni sulle cospicue entrate petrolifere. Qualcun altro maligna che le cancellerie occidentali stiano lì tutte contente per i problemi di Russia, Iran e Venezuela, e che il prezzo del barile resterà sottozero quanto basta per vederli in default. Ma questi son complottismi.
Adesso, comunque, si ripensa ad Orlov. Come giustamente da lui predetto la Russia torna al baratto, ma stavolta in grande stile: un'industria sta persino pagando i suoi creditori con scavatrici. Si scambiano stock di biancheria intima con auto usate, legname con medicine, e qualcuno sta studiando un sistema elettronico per applicare il baratto "a cascata" ad una serie di imprese. Orlov sostiene che i russi siano molto meglio strutturati di noi (se non altro psicologicamente, oltre che storicamente) per sopravvivere alla crisi. Staremo a vedere...