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Secessione!

8 maggio 2009 0 commenti

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No, non è il solito grido di battaglia leghista, ma un venticello che spira sotterraneamente negli Stati Uniti già da un po'. E il motivo è presto detto: è facile stare insieme quando tutto va bene, ma appena arriva una crisi ciascuno guarda il proprio orticello e i propri interessi, e se non coincidono con la politica federale si minaccia di far da sé.

A parte Chuck Norris che si è candidato subito a fare il futuro Presidente del Texas (ce lo vediamo bene, francamente, come bandiera celodurista), e il sommo Dmitri Orlov che ipotizzava per gli USA un futuro analogo a quello dell'Unione Sovietica, in molti Stati si sono già passate risoluzioni che riaffermano la sovranità e mirano a rinforzare il decimo emendamento, quello che garantisce i poteri ai singoli Stati dell'Unione. Arizona, Washington, Michigan, persino California, è tutto un riaffermare e mettere le mani avanti.

L'ultimo è l'Oklahoma, come riferisce oggi la Stampa. Che però non si limita a riaffermare, ma mette nero su bianco a mr.Obama che se non la pianta con l'idea di aumentare le tasse sull'energia non-rinnovabile se ne andrà per conto suo.

Il cuore della protesta nasce dalle particolari caratteristiche economiche di uno Stato che è il secondo produttore americano di gas naturale e il quinto di greggio mentre è in fondo alla classifica degli investimenti nell’energia rinnovabile. L’industria del petrolio contribuisce per il 23 per cento al Pil annuale dell’Oklahoma grazie a 750 mila pozzi che producono 178 mila barili al giorno mentre i giacimenti di gas naturale costituiscono il 10 per cento delle scorte dell’intera nazione. Se dunque l’amministrazione Obama tassa le energie non-rinnovabili, la conseguenza per l’Oklahoma è di essere destinato a pagare un prezzo alto, dovendo rinunciare a entrate che mantengono anche gran parte del sistema educativo.

Insomma, ogni volta che si festeggia un piccolo passo avanti, c'è qualcuno che si lamenta perché il passo gli ha pestato un piede.

 

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