Geoengineering… come se niente fosse.
Negli ultimi giorni, complice anche un'approfondita inchiesta dell'Espresso, si parla in giro di geoengineering. Ovvero, quelle arditissime tecnologie (ancora oggetto di studi) che consentirebbero di modificare volontariamente il clima terrestre e porre un freno all'effetto serra.
I giornali ci sguazzano. L'uomo della strada stupisce e sbalordisce: enormi specchi in orbita per riflettere i raggi solari e rimandarli al mittente, aerei che spruzzano coltri di gas per fare ombra, enormi teli di plastica che ricoprono le calotte glaciali, la CO2 pompata in enormi caverne sotterranee, iniezioni di tonnellate di ferro nei fondali marini. Una roba da fantascienza, e ci si potrebbero girare almeno tre o quattro spettacolari kolossal... su come potrebbe andare storta tutta la faccenda.
Sì: perché i giornali disquisicono di quanto costerebbe (l'intero PIL mondiale, nel caso degli specchi); gli scienziati si preoccupano del fatto che cominceremmo tutti a fregarcene delle emissioni qualora al riparo dall'effetto serra; ma nessuno, dico nessuno, che abbia a obiettare sulla salubrità della cosa. Ad esempio:
Diversa è invece l'idea che lanciò nel 2006 un chimico di nome Paul Crutzen con un articolo pubblicato sulla rivista 'Climate Change', nel quale riprese un'idea del fisico russo Mikhail Budyko, che nel 1974 aveva suggerito di far spargere da appositi aerei dell'anidride solforosa (SO2) nell'atmosfera, dove avrebbe reagito con acqua e altre molecole formando particelle di solfato, le medesime che sono presenti nelle ceneri vulcaniche.
Questa idea pare la più fattibile e la più economica. Qualcuno si è informato se respirare solfato è salutare o meno? Magari fa bene alla pelle, anche se distrugge l'ozono, ma comunque sarebbe carino saperlo. E il ferro nel mare? Sequestra la CO2 attraverso una certa attività biologica, ma rende gli oceani acidi, e cosa ne sarebbe della biosfera? E coprire di plastica i poli, è da considerare una normale attività senza conseguenze, come mettere un telo in terrazza, tanto ai poli non c'è nessuno e in fin dei conti non servono a niente?
Un ambientalista americano si è finalmente (e parzialmente) posto il problema. Ed ha evidenziato tre punti:
- Nessuna delle proposte è ancora fattibile. E prima che lo sia, avremo continuato per ulteriori anni sulla strada delle emissioni e del cambiamento climatico.
- I rischi non vengono discussi, ma sono legioni. La geoingegneria potrebbe inoltre, all'atto pratico, avere effetti inaspettati e irreversibili.
- Nessuno, nell'industria, ha intenzione di pagare i conti. Ciò significa che toccherà al contribuente.
Insomma: dopo averci stupito con effetti speciali, spiegateci anche quali sono le controindicazioni. Perché, altrimenti, certa fantascienza è meglio lasciarla al cinema e assistere alle catastrofi mangiando popcorn.