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Rifondazione verde?

9 giugno 2009 0 commenti

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Ieri sera ho sentito un leader di una lista di sinistra affermare: "Abbiamo scontato il fatto di esserci divisi." Se me l'avesse chiesto due mesi fa, avrei potuto dirglielo io. Anche mia zia e il mio fruttivendolo avrebbero saputo consigliarli in questo senso.

Quei quattro votarelli che hanno raccattato, tutti insieme il 6% (non pochi alla fin fine), rappresentano un elettorato variegato. Chi li ha votati per disgusto verso il PD, chi per istanze sindacali o ambientaliste, che per dare il voto "di protesta" (contro cosa, poi?), chi per inveterata abitudine. Quanti saranno quelli che li hanno votati perché "comunisti nell'animo"? Lo zero virgola qualcosa. 

Ma la domanda davvero succosa è invece: quanti sono quelli che NON li hanno votati, e se ne sono rimasti a casa? Probabilmente un bel po'. D'altronde, basta divertirsi a guardare su Wikipedia la storia dei partitucoli, dai Comunisti Italiani a Rifondazione ai Verdi , per provare un subitaneo conato di vomito. Litigi continui, valzer di poltrone, scissioni inutili su insignificanti cretinate, simboli affollati, leaderini insulsi che spadroneggiano finché non vengono cacciati dalla porta per rientrare dalla finestra. Per tacere di gente santificata dalle folle, che quatta quatta privatizza acquedotti. Un disastro, che il suo progressivo scomparire dalla scena se lo merita tutto.

In un'Europa che va a destra, dove le forze democratiche e socialiste perdono quasi ovunque, i Verdi portano i loro seggi da 43 a 54. Peseranno. In Francia sono il secondo partito.

Dove sono i Verdi italiani? No, non quei soliti leaderini a cui eravamo abituati. I Verdi veri, quelle delle battaglie sacrosante, quelli delle proposte alternative concrete e articolate. Ne esistono a decine, di leader potenzialmente validi, sul territorio italiano. Scienziati, divulgatori, scrittori, che da anni si sgolano e combattono per cambiare il modello di sviluppo, per la sostenibilità, per il rispetto del territorio, per la salvaguardia delle risorse, per la valorizzazione dell'ambiente. Come dicono i giornali, servono "i partiti moderni", quelli che incarnano le preoccupazioni attuali di moltissime persone e soprattutto che tengono il polso del tempo. 

Mi domando allora se non sia il momento di una rivoluzione a sinistra. Il momento di dire ciao ciao alle falci e martelli e al rosso, a cui tanti sono affezionati per motivi meramente nostalgici, e lasciare spazio al verde, che ci serve e che sentiamo molto più vicino al momento storico che stiamo vivendo. Cancellare tutto ciò che è stato, e confluire tutti in un unico partito Verde, a sinistra del PD. Un partito che sarebbe anche molto più plausibile come alleato di sinistra, non essendo più tacciabile di "comunismo" da parte degli avversari, cosa che spaventa moltissimo il pusillanime PD. Un partito dentro il mondo reale, anziché perso nei fumi all'assenzio di antiche nostalgie.

Mica è detto poi che debba occuparsi solo di ambiente: i partiti Verdi ormai da un pezzo sono attenti al lavoro, alla produzione, al commercio, all'artigianato, ai trasporti, all'industria, al welfare. Tutto ciò che fa parte del sistema, insomma, e che deve appunto modificarsi in modo consono ai tempi difficili che viviamo. Credo che un partito siffatto saprebbe concentrare su di sé tantissimi elettori che ieri se ne sono stati a casa, e forse anche altri che hanno dato voti turandosi il naso.

Certo, bisogna diventare magicamente capaci di smettere di accapigliarsi in nome di un insulso modo di vedere la democrazia che si riassume in "ognuno fa quel che vuole"; bisogna cacciare a calci gli ammuffiti leader che cambiano poltrona, bisogna togliersi di dosso quei polverosi atteggiamenti da "fedeli alla linea" che fanno tanto anni '50. Uno sforzo immane. 

E uno sforzo che va fatto: l'Italia ha bisogno di un vero partito Verde, di un partito che si occupi del mondo di oggi. Ma se non lo fate voi, cari amici, non c'è problema: prima o poi arriveranno i grillini e ve ne andrete a casa comunque.

Pensateci su.

 

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