Peak food, la fine dell’abbondanza.
No, non è il solito titolo della Cassandra catastrofista. A meno che tale non vogliate considerare il National Geographic, che così esordisce per un articolo pubblicato qualche giorno fa (qui la versione stampabile, più leggibile).
Lo scorso anno il prezzo del cibo alle stelle è stato un triste risveglio per il pianeta. Tra il 2005 e il 2008, il prezzo di grano e granturco è triplicato, quello del riso aumentato cinque volte, e le rivolte per il cibo si sono viste in quasi due dozzine di Paesi. E tutto ciò in un periodo di raccolti record. (...) Per dirla in due parole: nell'ultimo decennio il mondo ha consumato più cibo di quanto non se ne sia prodotto.
Abbiamo bisogno di un'altra rivoluzione verde, sostengono gli scienziati, e ne abbiamo bisogno in metà del tempo. Tutto ciò fa venire in mente le teorie malthusiane, la sovrappopolazione, discorsi che spesso qui generano accanite discussioni.
Che ci sia un problema di risorsa cibo è ormai assodato. Resto convinta che non sia imminente come molti credono e come questo articolo lascia intendere: diminuire il consumo di carne (l'allevamento consuma il 70% del raccolto mondiale di cereali) e distribuire meglio le risorse (in Occidente gettiamo via il 30% del cibo prodotto) ci offrirebbe un'ampia finestra di tempo per provvedere. Ma la questione, come si legge anche nel National Geographic, è che il tentativo di aumentare costantemente i raccolti conduce ad un forsennato uso di pesticidi senza alcuna regola, specialmente in certe parti del mondo. Triste il racconto delle famiglie cinesi decimate dal cancro, anche nell'infanzia, proprio per la vicinanza ai campi agricoli irrorati con Dio solo sa cosa. In realtà, come prova uno studio della FAO, l'agribusiness tradizionalmente inteso (mix di fertilizzanti, pesticidi, uso di petrolio e gas, massiva irrigazione e OGM) ha fallito nel suo tentativo di incrementare l'accesso alle risorse alimentari. Ed è la stessa FAO ora a proporre un nuovo sistema, più sostenibile, meno inquinante, meno consumatore di risorse, e soprattutto più consono ai milioni di piccoli agricoltori che sono la vera spina dorsale del sistema alimentare globale.
Ciò non toglie che, piaccia o non piaccia, ogni popolazione può vivere solo con quella che è la sua resource base, ovvero le risorse che ha disponibili sul proprio territorio. Finora, quando si è presentato il problema, le singole popolazioni lo hanno risolto facendo la guerra ed appropriandosi delle risorse del vicino sconfitto. Ma oggi, che la popolazione in questione è l'intera razza umana, e che facciamo i conti con una resource base rappresentata dall'intero pianeta, non abbiamo chances di guerre di conquista. C'è troppo poco petrolio per andare a conquistare le ricchezze di Saturno armi in pugno.