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Crolli, mammuth, catastrofisti e pronipoti.

25 settembre 2009 0 commenti

Qualche giorno fa qualcuno (non ricordo chi, ahimé) ha segnalato un post su un nuovo blog che mi sento di consigliarvi, Ottagono Irregolare. Il post in questione è molto divertente, una bella presa in giro ai catastrofisti “siamo al capolinea, fra qualche settimana torneremo a vivere nelle caverne e a cacciare mammuth. Ma i mammuth si sono estinti. Ommioddio senza cibo moriremo tutti!”

Ma oltre a sfottere, espone una teoria con dovizia di particolari: ovvero che sì, gli imperi sono crollati, i Greci tramontati, i Romani finiti, Federico Barbarossa kaputt, gli inglesi ritornati in due isolette e anche gli americani non si sentono tanto bene. Tutto ciò significa forse che "Aiuto! Escono dai fottuti muri! Crolla tutto domattina! Compriamoci arco e frecce!"? Niente affatto. Ogni crollo di civiltà, che sui nostri libri è raccontato in tre paginette (quando va bene in un volume) ha in realtà impiegato decenni per svolgersi, se non secoli. Questa in scarna sintesi la teoria dell'Ottagono (cita anche Titor, gli chiederò di fidanzarci) che conclude:

Questo per dire che è improbabile che dall'oggi al domani la realtà come la conosciamo finisca e ci si ritrovi tutti in un mondo tipo Mad Max. Ci saranno cambiamenti, ci sono sempre. Ma non li percepiremo, perché esisteranno solo nella mente dei redattori di testi scolastici del 2500 d.C.

Ottagono, tranquillìzzati: solo una minoranza dei "catastrofisti" pensa di risvegliarsi domattina in un mondo alla Mad Max. Un articolo del 2004 molto conosciuto tra i peakoilers, di John Michael Greer, affrontava proprio la questione: in The Long Road Down, Decline and The Deindustrial Future si chiarisce molto bene che la decadenza della civiltà industriale non accade dalla sera alla mattina. Greer racconta la storia di una donna nata nel 1960, che ha goduto di tutti i benefici della società industriale ma nella sua vita comincia anche a vederne le difficoltà, ovvero problemi energetici, guerre per le risorse, depressione economica. A 70 anni, vive in una città dove le baraccopoli aumentano accanto ai grattacieli, mentre i politici insistono che tutto è ok. La sua pronipote, nata nel 2030, deve vedersela con malattie, disordini, violenza e diffuso uso di alcool e droghe. Le sue conoscenze tecnologiche si limitano alla ricerca di materiali nelle discariche, case con frigo e riscaldamento sono un lusso, e la sanità è rappresentata da praticanti con qualche libro di medicina a disposizione. Quando raggiunge l'età anziana, gli Stati Uniti sono frammentati i miriadi di piccoli Stati e un pugno di prepotenti controlla carburanti ed energia.

C'è un'altra pronipote: quella nata nel 2100. Vive in un villaggio accanto alla città che usa essenzialmente materiali di risulta dalla ormai morta civiltà industriale. Epidemie e fame sono cosa di tutti i giorni, come anche guerre locali. Impara a leggere e scrivere, cosa poco diffusa, e i viaggi sulla Luna acquisiscono sapore di leggenda. Ma è l'ultimo suggestivo paragrafo che ripropone ciò che sostiene Ottagono:

Quando lei e la sua famiglia finalmente decidono di trasferirsi in campagna, lasciando le rovine della città a chi sa utilizzarle, non le passa neppure per la testa che i suoi silenziosi passi su un asfalto ormai in briciole segnino la fine di una civiltà.

Quando si viveva all'età della pietra, non si sapeva di vivere all'età della pietra. Quando la Grecia crolla, i greci neanche se ne accorgono. (Gli indiani d'America avevano invece una visione più concreta, furono catastrofisti fin da subito...). Roma intorno al 500 d.C. finì addirittura disabitata.  E' evidente allora che anche un racconto terribilmente catastrofista come questo sa fare i conti con la realtà, misurando il crollo della nostra civiltà in quasi due secoli e non pochi giorni. I catastrofisti non sono una manica di imbecilli. Occorre ammettere anche, però, che se le signore in esempio non hanno dovuto cacciare mammuth, non è che se la siano passata alla grande in quei due secoli.

La minoranza di cui più sopra, en passant, ha inoltre almeno una ragione per temere il collasso improvviso: una società complessa, interconnessa, ad alta tecnologia ha una resilienza decisamente inferiore a quella di una civiltà "post-pietra" quale quella greca. Un esempio semplice è il sistema just-in-time per la gestione delle merci. Un supermercato ha scorte per tre giorni, per il resto si affida ad una catena perfettamente oliata di produzione, trasporti, consegne, refrigerazione calcolata al minuto. Un po' diverso dai carri a buoi dei greci. Basta un granello di sabbia perché il meccanismo si blocchi, e lascio alla tua immaginazione cosa accadrebbe coi supermercati vuoti. In quel caso, il posto di lavoro diventerebbe magicamente un problema secondario...

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