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Quando la Natura dà i numeri

20 ottobre 2010 0 commenti

E’’ passato anche il secondo giorno della conferenza : i lavori in plenaria, i working group, i side event, le presentazioni, gli
incontri, si accavallano in un turbinio incalzante. Difficile capire se è più importante seguire i lavori dei negoziati o le importanti discussioni dei working groups o le presentazioni degli studi più avanzati sullo stato di conservazione della biodiversità nel Pianeta.
Centrale nella discussione della plenaria è stata la discussione sugli ABS, il Protocollo sulle risorse genetiche (vedi Diario del 19 ottobre) come elemento dirimente per procedere sul tavolo dei negoziati.

Un importante intervento dell’’India, – paese che ospita alcuni dei simboli della ricchezza di biodiversità del nostro pianeta, come rinoceronti e tigri, ha rimesso sul tavolo l’’importanza di rafforzare il lavoro dell’’IPBES (Intergovernmental Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) offrendosi di accoglierne il segretariato.

Ancora una volta molta attenzione è stata dedicata alla conservazione della biodiversità marina ponendo particolare attenzione agli
effetti dei cambiamenti climatici negli oceani e al fondamentale obiettivo di integrare di più e meglio le politiche di conservazione della biodiversità con le politiche sui cambiamenti climatici. Ma il vero avvenimento tanto atteso della giornata è stata la presentazione del rapporto TEEB (The Economics of Ecosystems and Biodiversity – www.teebweb.org) che
rappresenta lo sforzo più imponente sinora avviato per fare il punto delle attuali conoscenze e degli sviluppi futuri dell’’analisi
economica dei sistemi naturali presenti sul nostro pianeta. In questo documento si svela il valore della biodiversità mettendo a sistema tutti dati e le conoscenze che abbiamo acquisito sino ad ora sul valore della natura e degli ecosistemi per l’economia umana.

Giusto un esempio per far capire di cosa parliamo: le autorità locali di Canberra, in Australia, hanno piantato 400.000 alberi per
regolare il microclima, ridurre l’inquinamento e migliorare la qualità dell’’aria a livello urbano, riducendo i costi energetici derivanti dal condizionamento dell’’aria e dei meccanismi economici di sequestro del carbonio. I benefici prodotti sono stati calcolati tra i 20
ed i 67 milioni di dollari per il periodo 2008-2012. Toccherà ai Governi, ma soprattutto ai Ministri che dalla prossima settimana verranno a Nagoya, tenere conto di questi dati e contribuire ad un reale cambiamento di rotta nella difesa della biodiversità a cominciare dalla contabilità ecologica che deve affiancare quella economica.

E’ fondamentale che gli incredibili risultati del rapporto vengano integrati nel nuovo piano strategico 2011-2020 della Convenzione della Biodiversità nonché nella nuova generazione di Piani e strategie nazionali. Il lavoro del TEEB non vuole essere un’analisi
costi-benefici del Pianeta in quanto la biodiversità ha diversi tipi di valore molti dei quali non sono quantificabili economicamente.

Tuttavia ancora oggi il grande problema della conservazione della biodiversità, e una delle cause del fallimento delle strategie di conservazione, è proprio la mancanza di fondi e l’individuazione di meccanismi innovativi e complementari per finanziare la conservazione della biodiversità.

I paesi in via di sviluppo, che sono i principali custodi habitat e specie in via d’estinzione, si appellano quindi ai paesi sviluppati
affinchè contribuiscano anche economicamente a conservare la biodiversità del Pianeta.

Domani per il team del WWF sarà un grande giorno: verranno presentati i risultati del progetto “Aree protette per un Pianeta vivente”: 5 grandi ecoregioni del Pianeta, dimostreranno che ancora oggi è possibile proteggere di più, proteggere meglio estendendo la rete delle aree protette al di là dei confini nazionali e coinvolgendo le comunità nella loro gestione diretta (Potete dare un’’occhiata al
video su you tube ).

La sfida è allargare il progetto a 20 nuove ecoregioni, includendo territori meravigliosi e importantissimi come il bacino
del Mediterraneo, l’’Amazzonia e il cuore del Congo. Creare nuove aree protette vuol dire proteggere prima di tutto i gangli vitali della biodiversità del Pianeta. Molti i paesi che hanno accolto e rilanciato la sfida del WWF di raggiungere il 20% di Pianeta protetto,
mettendo una forte enfasi sulla necessità di proteggere gli oceani e i mari di tutto il pianeta.