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L’armonia con la natura ha il suo spartito

30 ottobre 2010 0 commenti

“Se Kyoto è passata alla storia come la città che ha dato i natali al
trattato sul clima, Nagoya verrà ricordata come la ‘culla’ del trattato
sulla biodiversità”. Con queste parole Ahmed Djoghlaf , il segretario
esecutivo della Convenzione sulla biodiversità, ha accompagnato con
soddisfazione il sipario che verso la mezzanotte è calato sulla decima
conferenza delle parti a Nagoya.

La corsa verso il trattato globale ha impegnato per due settimane 193 paesi
con i loro 8.000 delegati da tutto il mondo e finalmente il nuovo ‘deal’ per
salvare la biodiversità, ha quasi tutte le caratteristiche auspicate
dall’inizio.

Qualcuno forse era pronto a intonare il ‘de profundis’ per questa
conferenza, addirittura paragonando Nagoya al Summit di Copenaghen del 2009
(ingiusto parallelo anche nei confronti diismoquell’appuntamento). La musica
invece è tutt’altra e la sua armonia rappresenta la pace tra l’uomo e quella
natura che silenziosamente sostiene tutte le sue attività. Altro che
pessimismo: oggi potremmo festeggiare persino con un “Magnificat”, un
“Alleluia”!

L’ostacolo più arduo da superare, il Protocollo ABS sull’accesso e la
condivisione dei benefici derivati dalle risorse genetiche (Access and
Benefit Sharing Protocol), in vero e proprio stallo da 18 anni, da quando
cioè la Convenzione è stata firmata. Il testo ha rischiato di mettere in
discussione qualunque accordo globale, come minacciato dai paesi in via di
sviluppo: in realtà il punto si è sbloccato a poche ore dalla chiusura del
Summit con un accordo politico tra i paesi sul testo. L’immenso valore delle
risorse genetiche era così vicino dall’essere finalmente condiviso tra
popoli e nazioni e questo ha fatto sì che, una volta in plenaria, i
delegati potessero marciare con più slancio verso l’accordo globale.

L’alleanza è stata raggiunta su molte questioni chiave ma forse l’elemento
più rivoluzionario e in grado di cambiare da oggi in poi ogni paradigma di
conservazione della natura, è la richiesta ai paesi di garantire che il
valore della biodiversità venga integrata nelle contabilità nazionali. Un
elemento strategico e nuovo, un segnale politico importantissimo che
metterà in moto un nuovo approccio alla finanza globale.

L’autorevole leadership e il sostegno del popolo e del governo giapponese
hanno permesso di raggiungere altri risultati importanti: condividere
l’obiettivo di arrestare il sovrasfruttamento delle risorse marine e di
proteggere il 10% delle aree marine costiere e le cosiddette “high seas”,
ovvero, quelle al di fuori delle acque territoriali. Certo, una tutela che
dimezza l’obiettivo indicato dalla comunità scientifica, ma sui numeri del
mare da proteggere protetto c’è stata molta battaglia dove la Cina è apparso
il paese meno ‘protezionista’, nel senso ‘naturalistico’ del termine,
ovviamente.

Il nuovo Piano d’Azione ha individuato anche l’obiettivo di proteggere il
17% degli habitat terrestri: forse rappresenta un incremento modesto
rispetto all’attuale 10%, ma si tratta pur sempre di uno slancio in avanti
perchè riguarda tutto il pianeta e da realizzarsi in un arco di tempo
piuttosto breve (10 anni).

I governi hanno anche raggiunto un accordo per modificare i sussidi perversi
che alimentano ancora oggi in molti paesi la pesca distruttiva o
l’agricoltura intensiva.

Gran paese il Giappone che in questi giorni ha assunto una vera e propria
leadership mettendo a disposizione fondi significativi. Deludente invece
l’atteggiamento i molti paesi sviluppati che non sono stati in grado di
mettere sul piatto altrettante risorse immediatamente disponibili. Comunque
il Piano verrà finanziato ed entro il 2012 riceverà i sostegni economici
necessari, fondamentali per mettere mano immediatamente alla perdita di
biodiversità nel mondo.

C’ è molto da fare da oggi in poi in ciascun paese e noi speriamo che anche
l’Italia si rimetta al passo facendo dimenticare il suo silenzio
‘assordante’ a Nagoya quando si è trattato di appoggiare le istanze più
importanti del piano strategico. Ultima nota: il ruolo delle ong anche in
questo summit si è dimostrato fondamentale: nel corso delle trattative i
loro rappresentanti, come astuti e abili sarti, hanno saputo cucire legami,
recuperare strappi, hanno trovato soluzioni per avvicinare posizioni,
facilitare il percorso verso l’obiettivo finale. Si può dire che la società
civile ha avuto un ruolo strategico per superare le contrapposizioni tra
paesi sviluppati e determinare la forza del nuovo trattato globale per la
natura.