Le banche che favoriscono la corruzione
Luca Manes (ricercatore di Crbm) per Altreconomia
Alcune delle più importanti banche del mondo, tra cui Barclays e Citibank, hanno favorito la corruzione e conseguentemente danneggiato lo sviluppo di molti dei Paesi più poveri del pianeta. Questo il dirompente messaggio che l’Ong Global Witness ha consegnato ieri al Comitato d’inchiesta del Congresso Usa sui servizi finanziari.
Nella sua deposizione pubblica, la rappresentante di Global Witness Anthea Lawson ha evidenziato come la mancata applicazione delle normative sul riciclaggio di denaro sporco abbia favorito pratiche di corruzione, permettendo a numerosi politici del Sud del mondo di tenere uno stile di vita molto elevato, a dispetto del fatto che il resto della loro popolazione si trovi in condizioni di estrema povertà. Secondo la Lawson “i fattori chiave che permettono alle banche di fare affari con i regimi corrotti sono esattamente gli stessi che fanno sì che quei medesimi istituti di credito destabilizzino gli Stati Uniti e le altre economie del Nord del mondo. Dal momento che ora si parla tanto di mettere delle regole più serie e stringenti sull’operato delle banche, bisogna esaminare con attenzione anche il problema della corruzione e delle sue implicazioni in merito alla diffusione della povertà”.
Due i casi citati nel dettaglio da Global Witness durante l’audizione al Congresso: la Liberia e la Guinea Equatoriale. In Liberia Citibank ha aiutato l’ex presidente Charles Taylor a spostare i proventi dell’industria del legno sui suoi conti personali e a finanziare l’annoso conflitto che ha martoriato per anni il Paese. Val la pena rammentare che Taylor è ora a processo per crimini di guerra. In Guinea, invece, la Barclays ha mantenuto un conto corrente intestato al figlio del presidente nonostante un istituto di credito americano, la Riggs Bank, fosse già stato punito in patria sia penalmente che civilmente per le sue attività legate al regime guineano, abile a sfruttare a suo favore i proventi dei ricchi giacimenti petroliferi del Paese.
Quelli appena citati sono solo due esempi di Paesi dove il benessere derivante dalle risorse naturali si è concentrato nelle mani di una esigua minoranza, il tutto con l’aiuto delle banche internazionali. I costi umani sono alti, dal momento che i cittadini non solo sono depredati dei possibili benefici derivanti dalla corretta gestione di quelle stesse risorse, ma la corruzione inoltre genera e acuisce conflitti. La maggior parte delle legislazioni globali richiede alle banche di segnalare chi sono i propri clienti e da dove derivano i loro fondi, in modo da evitare che nelle casse degli istituti di credito finiscano i proventi della corruzione. Nel rapporto di Global Witness “Undue Diligence”, presentato all’audizione al Congresso, ci sono prove schiaccianti che le banche i relazionano con clienti le cui pratiche di corruzione sono evidenti e di pubblico dominio.