Le banche e i temi del G8
Il sistema bancario - come è noto - è riuscito per molti anni a guadagnare una montagna di denaro grazie ai processi di finanziarizzazione dell’economia, all’innovazione di prodotto e di processo, nonché alla mancanza di controlli seri sull’operato delle imprese del settore. Così la parte dei profitti del comparto finanziario sugli utili totali delle imprese in paesi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna non ha cessato di crescere negli ultimi venti anni in maniera molto rilevante, sino a collocarsi ad esempio nel primo paese intorno al 40% del totale.
Ma con l’avvio della crisi la pacchia si è, almeno per un momento, arrestata. Va segnalato che come ogni anno il mensile britannico The Banker pubblica a questo proposito dei dati importanti sulle prime 1000 imprese del settore e relativi ai loro principali indicatori economici e finanziari. Vi si ricava, tra l’altro, l’informazione che nel 2008 i profitti complessivi di queste imprese sono diminuiti dell’85,3% rispetto all’anno precedente, mentre un tipico indice di redditività, il ROE (Return On Equity), il rapporto cioè tra gli utili dell’anno e il totale dei mezzi propri di tali istituti, è sceso dal 20% del 2007 al 2,7% del 2008.
Per di più, una fetta consistente degli utili del 2008 viene da banche asiatiche, mentre quelle occidentali hanno subito di frequente pesanti perdite. Questo fatto si inserisce, peraltro, in una tendenza più generale ad un mutamento negli assetti di potere complessivi tra le economie occidentali e quelle orientali. Tra le prime dieci banche per livello di utili, infatti, ben quattro sono cinesi (e, incidentalmente due sono spagnole). Le prime due nella lista, ambedue cinesi, la ICBC e la China Construction Bank, hanno guadagnato rispettivamente 21,3 miliardi di dollari e 17,5 miliardi.
Tra gli istituti con i peggiori risultati, va segnalato al primo posto la Royal Bank of Scotland - la più grande banca del mondo come livello degli attivi di bilancio - che da sola è riuscita a perdere 59,3 miliardi di dollari (e che ora vede il suo capitale posseduto per il 70% dal governo inglese) seguita dalla Citigroup con 53,1 miliardi e dalla Wells Fargo con 47,8 miliardi.
Più in generale, tra le banche esposte alle maggiori perdite figurano istituti statunitensi, britannici, tedeschi. Incidentalmente, può essere interessante sapere che, secondo informazioni rilasciate dalla Millennium Campaign delle Nazioni Unite, l’ammontare delle risorse finanziarie messe in campo nei soli ultimi sei mesi dai governi di tutto il mondo per salvare le banche appare di ben 133 volte più elevato rispetto a quello degli aiuti forniti ai paesi poveri negli ultimi 49 anni.