Abruzzo,le lezioni del passato
Nel nostro paese, in Irpinia ieri, in Abruzzo oggi, il terremoto potrebbe essere paragonato a una guerra: una sottile linea rossa che divide in due il tempo. C’è un prima e un dopo. Un passato e un futuro. Senza dimenticare il presente. Un presente che riapre vecchie ferite. Da raccontare piu’ con il cuore che con la testa. Senza perdere la memoria. Senza dimenticare cosa hanno rappresentato nel nostro paese le tragedie del passato. Le immagini di queste ore dei paesi distrutti dell’Abruzzo, riportano alla memoria dei paesi-presepi dell’Irpinia. Paesi contadini, patrimonio immobiliare datato, occhi smarriti, facce vissute. Edifici costruiti con cemento disarmato. Quei paesi sono la fotografia della provincia italiana, fuori dal caos metropolitano. Spesso dimenticata, abbandonata ma abitata ancora da cittadini orgogliosi che amano la proprio terra. E la mente mi porta, ci porta a quello che ha rappresentato il terremoto dell ‘Irpinia nel nostro paese.
Quel 23 novembre 1980 non fu solo il risultato, amplificato di decenni di malgoverno sistematico del territorio. Fu per quelle terre l’inizio di una nuova , lunga interminabile notte. Alla tragedia del terremoto seguirà, quelle della malaricostruzione. Trionfo del cemento e di grandi cattedrali nel deserto. Unico modo che poteva consentire ai vari attori della vicenda di organizzare i loro affari multimiliardari. E parallelamente una lentezza esasperata nella ricostruzione delle case: ancora oggi dopo 29 anni ci sono nuclei familiari che vivono nei prefabbricati. Un terremoto anche dal punto di vista giudiziario. Dal 1980 sono state arrestate per gravi reati connessi agli appalti e ai lavori della ricostruzione (dalla corruzione all’associazione a delinquere di stampo mafioso) ben 382 persone; al primo posto come numero di arresti figurano i politici e gli amministratori locali (102) seguiti da boss e affiliati ai clan camorristici (86) e da imprenditori e dirigenti d’impresa (78 arresti). E tanti soldi pubblici sprecati. Sperperati. Tra sprechi, corruzione ed ecomafie.
Forse sarà sbagliato davanti alle drammatiche immagini di queste ore riaprire vecchie ferite. Oggi non dobbiamo perdere la memoria, le immagini di quella gente, dei paesi-presepi distrutti, delle straordinarie prove di generosità e coraggio sbocciate spontaneamente tra le macerie. Ci devono servire per non sbagliare oggi e domani in Abruzzo. Dimenticando l’Irpinia e pensando al Friuli. Una ricostruzione silenziosa, rapida ed efficiente. Perché come disse Leonardo Sciascia all’indomani del terremoto dell’Irpinia “i paesi vanno ricostruiti, ma non come presepi. I presepi esistevano quando si andava dal fornaio con un chilo di grano e se ne aveva in cambio un chilo di pane. Oggi un chilo di grano vale 150 lire e un chilo di pane mille. E’ un piccolo enorme fatto da tener presente, quando si parla di paesi–presepi, terra, agricoltura, mondo e cultura contadina”. E se c’è una lezione del dopo-terremoto che ancora non è stata tratta dalla classe dirigente di questo Paese, passata, presente e futura, a cominciare da quella politica, è forse proprio questa: l’ambiente è una risorsa strategica dell’Italia, che non può essere lasciata impunemente in mano a chi la saccheggia per trarne profitto. Approfittando persino di un’immane tragedia, come quella di queste ore.