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Metodo gomorra made in nord

13 maggio 2009 0 commenti

Milano come Casal di Principe.La ‘ndrangheta come i Casalesi. Stessi affari, stessi soldi. Stessa mattanza ambientale. Silenziosa ed invisibile. Stessi delitti differiti nel tempo. Comprano, affittano o espropriano con la forza i  terreni. Utilizzano campi coltivati per scavare buche profonde dai cinque ai dieci metri e poi le riempiono con rifiuti tossici. Più sono velenosi, più fruttono soldi. E come in Campania il ciclo è sempre lo stesso. Metodo Gomorra made in nord. La terra ottenuta dagli scavi viene utilizzata nell’edilizia e una volta
riempite con i veleni su quelle  buche ci costruiscono sopra: case, alberghi, centri commerciali, campi da calcio e così via. La nuova frontiera dell’ecomafia dei rifiuti si chiama nord-Italia. Dal Piemonte alla Lombardia, dal Veneto al Friuli Giulia, il nord industriale ed operoso, secondo il rapporto Ecomafia 2009 di Legambiente rappresentano la nuova eldorado per i colletti bianchi della rifiuti Spa che hanno stretto in molti casi un alleanza strategica con la criminalità organizzata emigrata al Nord. Ed ecco faccendieri, dipendenti, imprenditori d’assalto sono diventati un anello sempre più solido e pesante nella catena di interessi che circonda l’appetitoso settore dello smaltimento dei rifiuti. Alle rotte tradizionali i rifiuti prodotti al Nord e smaltiti al sud,si affiancano  da tempo, altre modalità di smaltimento illecito, da “filiera corta”. Tutto in casa. Si produce e si smaltisce in loco. O nelle regioni confinanti. Ma sempre al Nord. E non è storia di oggi. Ma lontana nel tempo. Infatti, già nel 2003 nell’operosa Lombardia, si scriveva Gomorra. Operazione Eldorado, il nome dell’inchiesta dei Carabinieri del Nord. Nell’intercettazioni del Noe, meccanismi, modalità e nomi di un organizzazione criminale che gestiva un traffico di rifiuti dal Sud al Nord. In un intercettazione  due imprenditori festeggiavano l’ affacciarsi di una nuova emergenza-rifiuti a Napoli. Siamo nel maggio del 2003. .In tale occasione la struttura commissariale aveva la

necessità di smistare l’immondizia verso alcune società accreditate, anche al di fuori della regione. E quale miglior opportunità per utilizzare i rifiuti campani come la testa d’ariete per far transitare illegalmente scorie industriali molto costose da smaltire regolarmente. Infatti i rifiuti non venivano  smaltitiper la semplice ragione – spiega la sentenza del processo Eldorado -che «non venivano neppure scaricati ma rimanevano sui camion e ripartivano subito, attraverso un mero giro bolla cartolare, con lo stesso codice con cui erano giunti ma con diversa causale», alla volta di ditte, di siti di stoccaggio, a volte persino di semplici buche, in Lombardia e Piemonte. Precisamente nel varesino, nel comasco, nel bergamasco, nel torinese e nel cunese. E  dopo cinque anni da quell’operazione,  la criminalità made in Calabria viene scoperta con le mani in pasta. O meglio nella Rifiuti S.p.a.  Era un pezzo da novanta della ndragheta a gestire nel nord Italia un ingente traffico illecito dei rifiuti. Operazione War stars. E’ lo scorso 18 settembre quando vengono arrestate  otto persone, mentre altre venti sono indagate. A capo dell’organizzazione Fortunato Stillitano, latitante della cosca Iamonte di Melito Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria. Un boss da 416 bis. Secondo una prima stima, l’ organizzazione avrebbe interrato circa 178 mila metri cubi di rifiuti industriali in buche profonde fino a nove metri e larghe cinquanta. Veri crateri tossici. Più di 65 mila metri quadrati di terreno tra i comuni di Desio, Seregno e Briosco sono stati sequestrati dalle forze dell’ordine. Terreni avvelenati per secoli, senza speranza. I veleni andavano interrati in prati con la compiacenza dei proprietari, convinti con le buone o le cattive. Le discariche abusive, se messe una al fianco dell’ altra erano grandi come 10 campi di calcio. E arriviamo ai giorni nostri con l’arresto ultimo dello scorso  31 marzo, di un imputato illustre, quel Mario Chiesa che con le sue confessioni dette il via a Tangentopoli e che ora, secondo gli inquirenti, avrebbe trovato nel  traffico di rifiuti una nuova e remunerativa attività. Nel caso in questione i rifiuti erano banali terre di spazzamento delle strade, un  rifiuto urbano che le società controllate di fatto da Mario Chiesa avrebbero provveduto a trattare, per così dire, solo sulla carta falsificandone i documenti di trasporto. Un affare di rifiuti ma anche di corruzione di dipendenti pubblici, di turbativa d’asta e di gare d’appalto. Una storia già scritta. Un copione che si ripete diciassette anni dopo. E con qualche migliaia di  tonnellate di veleni in piu’.