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Il potere dei segni

8 febbraio 2010 0 commenti

Dal Veneto alla Sicilia, attraversando il Lazio e la Campania. Uno, dieci, cento buone prassi di riutilizzo dei beni confiscati. Oltre 100 esempi concreti di beni confiscati alle mafie e restituiti alle comunità locali per uso sociale. Una pubblicazione dal titolo “Beni confiscati alle mafie: il potere dei segni. Viaggio nel paese reale tra riutilizzo sociale, impegno e responsabilità” curata dall’Agenzia delle Onlus in collaborazione con la Fondazione Liberainformazione, per la prima volta viene presenta un quadro dettagliato e analitico delle buone esperienze di utilizzo di beni confiscati per mezzo delle quali le comunità locali hanno dato risposta alla domanda di legalità che la cittadinanza pone in territori soffocati dalle mafie.La ricerca raccoglie le buone prassi osservate nella gestione dei beni sottratti alla criminalità organizzata e destinati ad uso sociale. L’attenzione è in particolare rivolta all’impegno profuso da soggetti del Terzo settore nel dare concreta applicazione alla L. 109/1996  “Potere dei segni”, dunque, a significare come uno, dieci, cento passi di responsabilità sono davvero in grado di mostrare che quando istituzioni e società civile si muovono insieme possono liberare territori dalla opprimente presenza della criminalità. Ma soprattutto dimostra che quando le istituzioni e i soggetti della società civile responsabile cooperano fattivamente i frutti positivi arrivano copiosi contribuendo a creare una nuova cultura della legalità e del senso civico. Nello specifico sui 116 casi presi in esame dalla ricerca, la Sicilia e la Campania si distinguono per numero di esperienze realizzate rispettivamente con 31 e 27 iniziative di riutilizzo. Per quanto riguarda il quadro delle realtà affidatarie, per il 40% dei casi i beni confiscati sono affidati alle associazioni, nel 27% dei casi alle cooperative e nel 18% ad enti-istituzioni. E’ evidente il ruolo propositivo del cosiddetto “Terzo settore” che complessivamente rappresenta il 73% del totale degli enti affidatari. Se si guarda alla tipologia del bene riutilizzato, nel 30% dei casi riguardano villa-palazzina, nel 17% riguardano tipologia di terreno. La ricerca analizza anche le difficoltà riscontrate nella gestione dei beni confiscati. Il 57% è stato consegnato in un grave stato di degrado e abbandono e nel 43% dei casi analizzati le realtà affidatarie hanno avuto forti difficoltà di tipo economico. La questione dell’abbandono dei beni è molto più problematica nel caso di terreni agricoli e fondi coltivati a frutteto o vigna. In conclusione nel 37,7% delle esperienze analizzate le attività di uso sociale sono destinate alla cittadinanza nella sua totalità. Un dato significativo dal valore non solo simbolico ma anche di trasformazione reale delle condizioni di vita delle persone che trovano spazio e voce nelle aree liberate dall’oppressione mafiosa. Centosedici passi dove i beni confiscati sono diventati veramente “cosa nostra”