Tuvalu chiede i finanziamenti per diventare energeticamente indipendente
Tuvalu è uno dei più piccoli Paesi al mondo (appena 26 chilometri quadrati) ed è con i suoi 11.500 abitanti, dopo il Vaticano, il secondo Stato meno popolato del mondo. Qualche tempo fa su Ecoblog parlammo di questo piccolo paradiso della Polinesia composto da otto atolli e del fatto che il governo locale chiese all’Australia e alla Nuova Zelanda una sorta di “asilo ambientale” in protezione degli effetti di innalzamento del mare che il riscaldamento globale avrebbe creato.
Questa volta però a far balzare agli onori della cronaca Tuvalu è un’iniziativa tutta particolare portata avanti dai governanti dell’atollo. Questi infatti si sono attivati nel chiedere dei finanziamenti per rendere il proprio territorio indipendente da un punto di vista energetico. Nel complesso si tratta comunque di un obiettivo difficile per una piccola economia che allo stato attuale è totalmente dipendente dal petrolio importato dalla Nuova Zelanda.
In uno scenario ideale, Tuvalu potrebbe utilizzare solo fonti energetiche rinnovabili attraverso un mix energetico particolarmente variegato, anche se vi è da dire che i problemi per applicare tale progetto, nonostante la popolazione non sia numerosissima e l’area non sia delle più vaste, sono tantissimi. Il problema dell’indipendenza energetica per quanto l’atollo disponga di sole e vento in grandi quantità non è semplice.
La rete elettrica ha infatti bisogno di stabilità e le biomasse sono le uniche fonti rinnovabili presenti sull’atollo che sarebbero in grado di dare soluzione di continuità e di integrazione con la fonte solare ed eolica nell’apporto di energia elettrica alla rete .
Nel piccolo arcipelago non si avrebbe però autosufficienza nella produzione di combustibili derivati da biomassa, fra cui per esempio il biodiesel, essendo le attività agricole particolarmente scarse e le quantità di olio di palma insufficienti a soddisfare l’intera domanda dell’isola.
A questo punto, fanno sapere i responsabili del progetto, l’unico modo per sopperire a questo problema sarebbe quello di installare un sistema di batterie capaci di immagazzinare l’energia prodotta da fonte solare associandolo alle poche produzioni di biomassa che l’isola è capace di offrire.
Questo ambizioso progetto oltre che essere abbastanza complesso richiede pertanto degli ingenti investimenti, dei quali il governo locale ha fatto richiesta agli Stati membri del G8, adducendo come motivazione la precarietà della zona dovuta ai possibili effetti dei cambiamenti climatici e al fatto che l’atollo paga in prima linea questi scempi ambientali di cui la popolazione indigena non ha alcuna responsabilità.
Che il progetto possa vedere la luce è tutt’altro che una certezza, tuttavia, qualora si dovesse convertire in realtà, sarebbe sicuramente un importante esempio da cui prendere spunto per poi applicare l’iniziativa a realtà di maggior difficile gestione. Attualmente, è importante ricordare, a Tuvalu appena il 5% dell’energia è prodotta da fonti rinnovabili.
Via | Elmundo.es
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