Le province italiane e l’ambiente: uno spreco di soldi?
Le province sono enti pubblici che annoverano fra le loro funzioni più importanti quelle della gestione territoriale e dell’ambiente. Le loro competenze infatti spaziano dalla difesa del suolo, alla tutela e alla valorizzazione dell’ambiente e alla prevenzione delle calamità, passando per la valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche, al monitoraggio del sistema della viabilità sino al sistema scolastico.
Alla luce di ciò verrebbe da dire che questi enti siano in Italia dei veri e propri punti di riferimento per la gestione territoriale e ambientale, purtroppo, com’è risaputo, non è proprio così. Motivo di tale critica personale è il fatto che ieri (per l’ennesima volta) è stato sospeso l’esame alla Camera della proposta di legge costituzionale per la loro abolizione; e fa rabbia sapere che sia la maggioranza che l’opposizione avevano sbandierato il tema della loro inutilità nel corso dell’ultima campagna elettorale nazionale nel 2008.
Le funzioni di questi enti infatti, oltre che essere dei veri e propri doppioni di altre mansioni esercitate da altri enti territoriali (più alti o più bassi), sembrerebbe che, con minori competenze, siano anche i più inefficienti nel rapporto costi-benefici nel nostro Paese. In parole povere oltre che essere effettivamente molto rari i casi di indispensabilità delle Province nel momento in cui si decide per esempio sull’istallazione di un parco eolico o su questioni di gestione ambientale, allo stesso modo rappresenta una burocrazia lenta e particolarmente onerosa.
Basti sapere che l’Italia è l’unico Paese occidentale in cui esistono ben tre livelli di governo territoriale sub-statale (comuni, province e regioni), il che, tradotto in poltrone, significa un centinaio di giunte, di consigli provinciali, di prefetture, di questure e così via, spendendo più soldi per funzioni che potrebbero probabilmente essere assorbite nelle competenze dagli enti minori o maggiori.
I conti sono presto fatti; l’esercito dei provinciali conta oltre 4.000 addetti, 2.900 consiglieri, 900 assessori e 50 presidenti, tutti con indennità pazzesche; con la loro abolizione si risparmierebbero circa 16 miliardi l’anno. Ora, la domanda sorge spontanea: quei 16 miliardi di euro che vengono destinati ad alimentare una macchina di gestione territoriale ed ambientale poco efficiente oltre che non indispensabile, potrebbero forse essere distribuiti ad altri enti con le medesime funzioni?
Sembrerebbe la scoperta dell’acqua calda, ma in fondo è davvero incredibile come importanti risorse economiche vengano scialacquate. Per quanto tempo dovremo ancora continuare con questo teatrino sulla loro abolizione? Per quanto tempo ancora i nostri rappresentanti sbandiereranno questo tema nelle loro campagne elettorali per poi, puntualmente, venir meno alle loro promesse?
Forse, anziché promettere mari e monti, sarebbe più giusto iniziare un programma serio per una lenta e inesorabile razionalizzazione delle Province, nella speranza che in un orizzonte temporale più o meno ampio si possa arrivare ad uno snellimento dell’apparato burocratico e ad una redistribuzione più intelligente delle risorse. Detto questo, mi rimane solamente un appunto da fare e si riferisce al titolo di questo post che pone una domanda specifica: la risposta è ovviamente “si”.
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