Spagna: carbone incentivato per salvare posti di lavoro. Insorge Greenpeace
La situazione, contrariamente a quanto semplicisticamente riportato nel titolo, è in realtà di difficile risoluzione e fa capire una volta tanto quanto le decisioni in materia di energia e sviluppo siano spesso particolarmente difficili da prendere. La polemica scoppiata questi giorni in Spagna (anche se, ad onor del vero, va avanti da parecchi anni) è una di quelle storie in cui il rispetto per l’ambiente e lo sviluppo economico sembrano proprio non voler andare d’accordo.
Il pomo della discordia è rappresentato dalle miniere di carbone della Regione de Las Asturias e da tutto l’indotto economico che gravita attorno all’attività estrattiva dell’area. Ma andiamo per gradi. Qualche decennio fa il governo spagnolo optò per una soluzione (che ai più parve scellerata) ovvero quella di sovvenzionare l’attività di miniera della regione nonostante i ricavi fossero in passivo.
Per intenderci sarebbe stato più conveniente rivolgersi al mercato estero per l’acquisto del carbone anziché utilizzare quello “di casa”. La decisione, venne spiegato, fu presa soprattutto in nome di una minore dipendenza da altri Stati; in realtà però la vera giustificazione era quella di salvaguardare numerosi posti di lavoro (e privilegiare qualche lobby?).
In riferimento a quanto spiegato sino ad ora è interessante sapere che Greenpeace, lanciando una vera e propria campagna di protesta contro quest’incentivazione, ha fatto sentire la propria voce.
Il carbone, fanno sapere i responsabili dell’associazione, è la principale causa dei cambiamenti climatici e il governo spagnolo non può continuare a pretendere di essere un leader nella lotta al riscaldamento globale e allo stesso tempo incentivare un combustibile fossile così dannoso per l’ambiente.
Secondo le stime di Greenpeace con questa politica si emetteranno in atmosfera 25 milioni di tonnellate di CO2 annue e , particolare non di poco conto, si darà ai kWh di energia elettrica prodotti dalle centrali a carbone un canale preferenziale per l’immissione nella rete elettrica nazionale.
Forti critiche infine per quel che riguarda i posti di lavoro. Secondo Greenpeace sarebbe più logico porre attenzione sugli 89.000 di lavoratori impiegati in Spagna nel settore delle energie rinnovabili che non proteggere gli 8.000 delle miniere di carbone. Situazione abbastanza intricata verrebbe da dire. Mi rimangono solo due appunti da fare. Gli spagnoli in quanto a rinnovabili stanno sicuramente spingendo sull’acceleratore: che dovremmo dire noi in Italia?
L’ultima considerazione invece riguarda il fatto che forse mai come in questi casi la verità stia nel mezzo; se infatti è vero che il carbone è dannosissimo per l’ambiente è altrettanto vero che con gli attuali limiti tecnologici ipotizzare un mix energetico nella rete elettrica costituito solamente da fonti rinnovabili sia davvero improponibile. E voi cosa ne pensate?
Via | Ambientum.com
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