LA CITTA’ CHE VORREI
La città che vorrei è una città dove, la mattina, si possa uscire di casa, attraversare la strada, e trovare un caffé accogliente dove fare colazione. E, accanto al caffé, trovare un panettiere dove acquistare del pane fresco, scambiare quattro chiacchere con la negoziante e, poi, uscire, passare dal salumiere per un etto di prosciutto e una buona mozzarella. Poi, passare dall’edicola all’angolo, comprare i soliti giornali e prendere un metro, o un tram, o, anche, un autobus. Oppure, meglio, andare al lavoro a piedi. E, la sera, rientrando a casa, trovare la mia strada illuminata dalle vetrine dei negozi ancora aperti. Fare gli ultimi acquisti. Una bottiglia di buon vino, un filetto dal macellaio di fiducia, o un trancio di merluzzo appena pescato. Questa è la città che vorrei.
Un’utopia?
No, la realtà quotidiana se si abita a Parigi, Londra, New York, Madrid, San Francisco, anche in qualche quartiere di Roma o di Milano. Nelle grandi città questq città è all’ordine del giorno. Una città accessibile dove ricchi e poveri condividono lo stesso spazio pubblico: la stessa strada o la stessa piazza. Dove i giovani e gli anziani camminano gli uni a fianco agli altri. Dove si puo’ fare la spesa sotto casa, dove si trova il bistrot d’angolo. “Il meraviglioso mondo di Amelie” o uno dei soliti scenari di un film di Woody Allen. Una delle scene abituali di “Sex and the City”.
Se si abita, invece, in una città medio-piccola le cose cambiano. Non ci sono più quartieri misti ma zone omogenee. la gente abita in squallidi casermoni dispersi in un verde ostile. La città è piccola, ma si estende a macchia d’olio. E’ dispersa ovunque. E, quindi, non puo’ essere accessibile pedonalmente o con il mezzo pubblico. Per fare la spesa si deve andare in un altro squallido scatolone, di solito a un solo piano, di solito sperduto al centro di un immenso parcheggio. E, quindi, si vive in totale dipendenza dell’automobile. Si inquina allegramente perchè non si puo’ fare nulla “sotto casa”.
Perchè la scuola è lontana dalla casa. Non ci sono negozi, ma solo ipermercati. Non ci sono cinema urbani, ma solo multisale circondate, anche loro, da immensi parcheggi.
La grande novità di questo mondo globale è che le città migliori, quelle più belle e interessanti, sono, oggi le grandi città. Il grande problema è salvare le città medio-piccole dalla dipendenza dell’automobile. Offrire un’alternativa pedonale e basata sul trasporto pubblico. Ofrire una scelta ecologica. Abitare un quartiere misto, con negozi, uffici e appartamenti invece che una “zona monofunzionale”. Abitare una città e non una periferia.
Costruire la città che vorrei è la grande sfida per trasformare le squallide periferie del tardo XX secolo in veri eco-quartieri integrati.