MENTRE A ROMA SI DISCUTE A SAN LAZZARO SI DEMOLISCE
Una buona notizia da San Lazzaro di Savena, comune dell’area metropolitana di Bologna.
Mentre a Roma si discute sulla proposta del sindaco Alemanno di demolire la borgata di Tor Bella Monaca, il Resto del Carlino c’informa oggi che a San Lazzaro di Savena un coraggioso assessore all’urbanistica, Leonardo Schippa, procede alla demolizione di un gruppo di stecche appartenenti alle famigerate “case Andreatta”.
Le “case Andreatta”, infatti, rappresentano uno degli episodi più orrendi della storia urbanistica italiana e un perfetto esempio di come un’intenzione lodevole, costruire case popolari, si trasformi in un disastro ambientale, sociale ed economico.
Un perfetto esempio di come le lodevoli intenzioni di un politico illuminato possano essere pervertite da architetti desiderosi di sperimentare sulla pelle dei cittadini ideologie fallimentari.
Le “case Andreatta” vennero concepite come alloggi popolari ispirati alla prefabbricazione pesante, quel sistema, oggi incredibile, di costruzione attraverso pannelli prefabbricati di conglomerato cementizio armato. Quella prefabbricazione teorizzata da Ernst Neufert nel suo famoso manuale presente ancora in tutte le scuole di architettura e ingegneria italiane.
Quel manuale pubblicato a Berlino nel 1938 sotto la direzione dell’architetto di Hitler Albert Speer e che doveva servire alla ricostruzione delle città dell’Est…dopo la guerra…
Un manuale di grande successo.
Infatti, dopo la seconda guerra mondiale, mentre Albert Speer finiva al processo di Norimberga, il brillante Neufert diventava famoso e il suo manuale venne utilizzato per costruire proprio le città sovietiche…
E, finalmente, a partire dagli anni 70 del secolo passato, anche di quelle italiane. Quelle dei poveri, ovviamente, e, sempre ovviamente, con i soldi pubblici.
Stecche di cemento a vista, con acqua che entra da tutte le parti perchè le nostre stecche erano “progressiste” e, quindi, avevano abolito la cornice…
Stecche di cemento a vista con pareti interne talmente resistenti che sono fiorite le storie più simpatiche sulle peripezie dei poveri abitanti per adattarle alle loro, banali, esigenze di vita quotidiana.
Stecche di cemento che hanno inquinato le nostre città con il loro astratto brutalismo privo di rispetto epr qualsivoglia contesto locale, per qualsivoglia materiale locale.
Oggi, questa è la buona notizia, si demoliscono anche in Italia.
A Bologna ne sono state già demolite alcune nel silenzio imbarazzato delle riviste di architettura e delle università. Si, come dire, è un po’ imbarazzante che molti docenti, diciamo, la maggioranzxa, continui a insegnare tecniche fallimentari ormai abbandonate in tutto il mondo civile.
Oggi, per fortuna, si parla di Bio-Architettura e di Bio-Urbanistica. Di materiali naturali, ecologici, di architettura regionale che si adatta e rispetta il contesto.
Ma prendiamoci la buona notizia!
L’assessore Schippa promette anche di inserire nel nuovo quartiere negozi.
Cosa vogliamo di più?
Finalmente, un po’ di buon senso.