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LA FOLLE POLITICA URBANISTICA RESPONSABILE DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

4 febbraio 2013 0 commenti

TOULOUSE: LA STAZIONE DEL METRO JEAN JAURES

 

Siamo arrivati al 6° anno di crisi economica. Tutto è iniziato nell’estate del 2007 in America con i il problema dei subprimes e, oggi, la conseguenza più disastrosa per l’Italia è l’essere posta sotto i riflettori internazionali per il suo spaventoso rapporto debito/PIL arrivato nel febbraio 2013 al 127%.

E’ bene ricordare, allora, che, nel 1971, l’Italia non aveva debito pubblico ed era una delle nazioni più virtuose. Nel 1971, tuttavia, c’era una differenza fondamentale dal punto di vista del sistema istituzionale: Nel 1971 l’Italia non aveva le amministrazioni Regionali e, proprio per questo, era stata capace di affrontare con successo la ricostruzione post-bellica senza l’enorme fardello di questa macchina amministrativa che accresce del 25% il carico rispetto agli Stati Uniti dove esistono solo 4 livelli: il comune, la contea, lo Stato, lo Stato Federale.

L’istituzione delle Regioni, voluta per permettere al più grande partito comunista dell’Occidente di governare una parte del territorio nazionale essendo il governo centrale precluso per i Patti di Yalta, ha determinato non solo l’aumento esponenziale del debito pubblico in maniera diretta, ma, anche, attraverso la realizzazione di una nuova politica urbanistica basata sul rifiuto dell’idea di città.

Le conseguenze di questa politica puramente ideologica e fondata sul rifiuto “a priori” della città “borghese” si comprendono meglio esaminando alcuni casi esemplari.

Bologna e Toulouse sono due città gemellate. Sono due città “rosse” per il colore inconfondibile degli edifici costruiti con mattoni a faccia vista e intonaco tinteggiato nei colori pastello derivati dall’uso del mattone come elemento fondamentale del processo edilizio.

Bene, nel 1971 il Comune di Bologna aveva 500.000 residenti/contribuenti insediati su una superficie urbanizzata di circa 5.000 ettari ancora serviti da un’efficiente rete di tram. Toulouse, sempre nel 1971, aveva 371.000 abitanti/contribuenti su una superficie urbanizzata di circa 4.000 ettari.

Oggi, all’inizio del 2013, la situazione è completamente rovesciata.

In seguito a una politica urbanistica ispirata alla “bassa densità” e alla dispersione, Bologna ha 373.000 abitanti/contribuenti insediati su una superficie urbanizzata di circa 9.000 ettari mentre Toulouse ne ha 442.000 su una superficie urbanizzata di circa 7.000 ettari.

Dunque, Bologna ha perso il 25% dei suoi abitanti e, quindi, dei suoi contribuenti, mentre Toulouse è cresciuta circa del 20% aumentando, quindi, la sua base contributiva del 20%.

E non solo. Ovviamente, l’avere Bologna perduto una popolazione pari a quella di un comune di media grandezza come Ferrara si accompagna all’estensione ipertrofica del suo territorio urbanizzato, quasi al suo raddoppio: da 5.000 a 9.000 ettari.

Come se un’azienda avesse perso il 25% del suo fatturato e avesse, nello stesso tempo, aumentato del 40% i suoi costi.

Le conseguenze sarebbero, dal punto di vista economico, semplici: il fallimento e la bancarotta.

Toulouse, invece, è cresciuta in maniera sana ed efficiente.

Bologna oggi ha perso residenti, ha perso contribuenti e si trova a dover manutenzionare una rete urbanizzata -fatta di strade, fognature, illuminazione, riscaldamento, trasporto pubblico, raccolta e smaltimento dei rifiuti, etc.- esplosa e diventata ingestibile.

Le conseguenze pratiche sono quelle che si leggono quotidianamente sui giornali: una delle IMU più alte d’Italia, il costo del biglietto dell’autobus superiore a quello di Roma o Parigi, l’impossibilità di garantire la pulizia delle strade in caso di nevicate, il decadimento della qualità ambientale delle scuole pubbliche, l’aumento delle tariffe di tutti i servizi pubblici, tassa sui rifiuti in primis, oltre ai noti problemi di sicurezza data l’impossibilità per le forze dell’ordine di poter garantire la sicurezza su un territorio così vasto e  così poco popolato.

Toulouse, invece, grazie alla sua efficiente politica urbanistica, si trova, oggi, a poter contare su un’efficiente rete di metropolitana che si sviluppa su 2 linee, oltre a 2 linee di ferrovia metropolitana suburbana e 1 linea di tram.

Bologna, invece, per completare il paradosso, ha completamente smantellato la sua storica rete tramviaria e, oggi, si trova ad avere solo una costosa e lenta rete di autobus.

D’altra parte, il caso di Bologna è famoso per gli esempi nefasti di una politica urbanistica sub-urbana. Infatti, la superficie urbanizzata di Bologna è uguale a quella di Parigi, con la piccola differenza che a Parigi ci sono 2.200.000 abitanti/contribuenti che possono usufruire di 14 linee di metro, 5 linee di metro regionale e 5 linee di tram.

Mentre, se consideriamo il caso della città di Lione, ci accorgiamo che su una superficie urbanizzata di 4.651 ettari sono insediati 485.000 abitanti/contribuenti che possono usufruire di una rete di trasporto pubblico di 4 linee di metro, 4 reti di tram e 1 di funicolare. Praticamente lo stesso rapporto, a Lione, che esisteva a Bologna nel 1971 tra popolazione residente e area urbanizzata.

E’ evidente che, se allarghiamo il caso di studio alle principali città italiane troviamo, quasi ovunque, una simile folle politica urbanistica che, oltre ad aver creato gli orrendi ghetti periferici -le Lavatrici di Genova, il Gallaratese di MIlano, il Pilastro di Bologna, il Corviale di Roma, le Vele di Napoli, lo ZEN di Palermo, etc.- ha fatto esplodere il debito pubblico italiano creando un sistema di aree urbanizzate enormemente costose e assolutamente non governabili.

Una politica urbanistica basata sull’uso dell’automobile, la creazione d’immensi ipermercati periferici circondati da immensi parcheggi, la desertificazione della città in nome della “bassa densità” che rende molto complicato, oggi, procedere a una seria rigenerazione urbana oltre che a realizzare un efficiente sistema di trasporto pubblico veloce basato su metro e tram.

Eppure, è altresì evidente che il processo di risanamento dei conti pubblici italiani, la riduzione del debito pubblico, non può non basarsi su un processo di Rinascimento Urbano che porti alla realizzazione di aree urbane più compatte ed efficienti.

Aree urbane basate sul sistema dell’eco-quartiere urbano misto, con una ricca rete di commercio diffuso, una densità corretta che permetta la realizzazione di un’efficiente rete di trasporto pubblico e un rapporto equilibrato tra sistema delle imposte locali e servizi offerti.

Senza una riforma immediata della politica urbanistica dei comuni italiani, l’enorme quantità di sacrifici sopportati dai cittadini italiani nel corso di questo ultimo anno di crisi si rivelerà assolutamente inutile.

L’alternativa a questa riforma è la bancarotta.

LA RETE DEL METRO E DEL TRAM DI TOULOUSE