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GLI ORTI URBANI: UN BRUTTISSIMO SEGNO

11 settembre 2013 0 commenti
GLI ORTI DI GUERRA A MILANO NEL 1943

GLI ORTI DI GUERRA A MILANO NEL 1943

All’inizio del XV secolo, l’ambasciatore del Regno di Castiglia, appena rientrato da Costantinopoli, fece un rapporto sconvolgente.

La città sembrava abbandonata. Non c’era più continuità tra i vari quartieri, il verde aveva preso il sopravvento. C’erano prati ovunque e orti urbani. Ormai circondata dai Turchi che avevano spostato la capitale in Europa e si accingevano ad assediare l’antica capitale dell’Impero Romano, Costantinopoli era una città in pieno declino. Gli edifici cadevano a pezzi. le rovine erano ovunque e, dove non c’erano rovine, erano comparsi gli orti che l’Imperatore aveva permesso di coltivare dato che la città non aveva più una sua campagna, un suo territorio agricolo.

Come un’isola cristiana in mezzo a un mare islamico, la città era in uno stato di abbandono. Gli antichi palazzi senatori, i fori erano tutti in rovina, la gente era ormai talmente povera che indossava stracci e faceva una penosa impressione all’ambasciatore di Castiglia.

Nel gennaio 1453, quando l’ultimo imperatore Costantino XI Paleologo ordinò di fare un censimento della popolazione per arruolare l’esercito che avrebbe dovuto difendere la città dal prossimo attacco turco, il risultato fu un duro colpo per le residue speranze dell’Impero Romano d’Oriente. Nella città, che aveva raggiunto gli 800.000 abitanti ai tempi di Giustiniano e dei Comneni, non risiedevano più che 50.000 abitanti dei quali poco meno di 5.000 erano abili e arruolabili.

All’interno delle mura teodosiane, sui sette colli che avevano ospitato la grande capitale dell’Impero fondata da Costantino, la città era come evaporata, gli edifici scomparsi, il verde, la campagna, gli orti dilagavano là dove c’era stata nel V secolo e, poi, nel X secolo, la città più grande del mondo.

Era la fine.

Di fronte all’esercito del sultano Maometto II, dopo 2 mesi di eroica difesa in quello che rimane uno degli assedi più famosi della Storia, la città fu conquistata e i suoi abitanti quasi tutti sterminati.

Quando compaiono gli “orti urbani” in una città non è mai un buon segno.

Una città è un organismo, abitata da tanti organismi. E, come ogni organismo, segue le leggi della vita.

Una città ha un suo ciclo. Come tutti gli organismi.

Nasce, cioè viene fondata, poi si sviluppa, cresce, raggiunge la maturità, poi inizia il declino.

Qualche volta,  la città si riprende dal declino e inizia un nuovo ciclo. Come le civiltà.

La città, nella sua condizione ottimale, è in equilibrio con il territorio naturale che la circonda. E’ una regola fondamentale della natura, della vita: l’equilibrio.

Una città è compatta, cioè occupa il minor territorio possibile per ospitare in maniera efficiente il maggior numero di abitanti. Questo rapporto efficiente si chiama densità urbana. Non deve essere nè troppo alta, perché causerebbe problemi di congestione, nè troppo bassa perché minerebbe l’essenza stessa della città: offrire servizi efficienti ai sui abitanti.

Come ogni organismo. La bulimia e l’anoressia sono pericolose malattie.

Una giusta densità urbana significa che, nella città, ci sono abbastanza abitanti da supportare un efficiente sistema di trasporto pubblico, un’efficiente rete d’illuminazione pubblica, di smaltimento delle acque bianche e nere, un’efficiente rete di commercio diffuso, un’efficiente polizia urbana.

Una città è composta da Spazio Pubblico e Spazio Privato. Lo Spazio Pubblico sono le strade, le piazze, i parchi. Lo Spazio Privato sono gli isolati urbani misti con commercio, uffici, residenza. Il rapporto ottimale tra Spazio Pubblico e superficie totale della città è del 30%. Troppo Spazio Pubblico significa dispersione, alti costi di gestione, impossibilità di realizzare e gestire reti efficienti.

Per questo, quando, la settimana scorsa il sindaco di Bologna ha inaugurato gli “orti urbani”, un brivido è corso lungo la schiena degli studiosi della città. Brutto segno!

Quando una città smette di crescere, perde abitanti e, addirittura, aumenta comunque la sua superficie urbanizzata, è sempre un brutto momento. Il declino è iniziato e la comparsa degli “orti urbani” è una specie di cartina al tornasole.

Nel 1943-45, durante gli anni più cupi della Seconda Guerra Mondiale, le città italiane vennero letteralmente invase da tonnellate di terra da coltivare nel disperato sforzo da parte del regime fascista di offrire un sistema di sostentamento alla popolazione.

Le immagini degli orti in Piazza del Duomo a Milano e in Piazza Castello a Torino sono spaventose.

Un altro, recente, esempio di comparsa degli orti urbani è quello della città di Detroit.

Quella che, negli anni 50 del secolo passato era la capitale dell’automobile e ospitava 2.100.000 abitanti, oggi ne ospita 700.000. Meno di quanti ne aveva nel 1900.

La crisi dell’industria automobilistica americana, la delocalizzazione, la globalizzazione hanno portato allo spopolamento di Detroit. Gli abitanti se ne sono andati. Gli edifici sono rimasti vuoti, abbandonati. E, in quanto tali, preda di bande di criminali che avevano fatto la loro base operativa. Per eliminare questo fenomeno, la polizia di Detroit ha iniziato a demolire tutti gli edifici vuoti da più di 6 mesi e, così, oggi, Detroit sembra un mare di verde all’interno del quale navigano case e grattacieli completamente disconnessi da un tessuto urbano.

Alla fine, preso dalla disperazione, di fronte a una situazione di totale insostenibilità del sistema, il sindaco di Detroit ha promosso una campagna per trasformare la città in una “campagna”, utilizzando gli isolati urbani abbandonati e rasi al suolo, come “orti urbani”.

La fine della storia la conosciamo.

Il 19 luglio del 2013 l’amministrazione comunale di Detroit ha dichiarato bancarotta.

I cittadini di Bologna cominciano a preoccuparsi dato che il loro comune ha perso, dal 1971 al 2013 bel 130.000 residenti. Passando da 500.000 a 373.000 e, come aggravante, vedendo la propria superficie urbanizzata esplodere dai 5.000 ettari del 1971 ai 9.000 del 2013.

Speriamo che gli “orti urbani” di Bologna siano la spia di allarme che stimoli i suoi amministratori a cambiare rotta.

L’introduzione degli “orti urbani” corrisponde, infatti, a un malinteso gigantesco nel campo dell’ecologia e della sostenibilità.

La città sana è la città compatta circondata da una grande campagna. Non l’agglomerazione dispersa con “verde” e abitanti dovunque. Questa è dispersione, l’anticamera, anzi, l’acceleratore privilegiato del declino.

Se si vuole avere una città efficiente, con una popolazione residente che può supportare un efficiente sistema di servizi pubblici -tram, metro, ma anche illuminazione, scuole pubbliche, asili, ospedali, etc.- bisogna che il Comune di Bologna inizi una nuova politica di ri-urbanizzazione, di trasformazione delle aree abbandonate o periferiche in città, una politica di ri-popolamento con incentivazione dell’abitare a Bologna attraverso sgravi fiscali.

Ci vuole una rivoluzione copernicana.

Niente orti urbani o di guerra, ma tanti bambini, tante famiglie, tanta città.

DETROIT 2013: LA CITTA' ABBANDONATA E GLI ISOLATI URBANI DISTRUTTI E TRASFORMATI IN AREE VERDI RESIDUALI

DETROIT 2013: LA CITTA’ ABBANDONATA E GLI ISOLATI URBANI DISTRUTTI E TRASFORMATI IN AREE VERDI RESIDUALI