Agricoltura poco amica dell’ambiente
In Italia nell’ambito agricolo sono pochi i fondi certi per la tutela della biodiversità. Nessun sostegno per habitat di grande importanza come le steppe e i pascoli estensivi aridi. Qualche intervento promettente, come il ritiro dei seminativi dalla produzione, la gestione dei prati per finalità faunistiche, la tutela delle risaie, a rafforzare un panorama nel complesso piuttosto deludente.
La LIPU-BirdLife italia ha presentato nei giorni scorsi a Bruxelles uno studio dettagliato sui PSR (Piani di sviluppo rurale) realizzati dalle ventuno regioni italiane rispetto alla loro efficacia per la tutela della biodiversità.
Lo studio è stato realizzato dalla LIPU con il supporto della RSPB (Royal Society for the protection of birds) e la collaborazione di BirdLife International e ha l’impegnativo titolo di “PSR e biodiversità – valutazione del ruolo dei PSR nel raggiungimento dell’obiettivo di fermare il declino della biodiversità entro il 2010”.L’analisi fa emergere una situazione molto diversa da regione e regione, con punte di eccellenza e altre situazioni invece molto carenti dal punto di vista dell’attenzione verso la tutela della biodiversità. In quest’ambito essa va intesa come varietà di habitat naturali e seminaturali e di specie selvatiche animali e vegetali, esclusa invece la biodiversità agricola (ossia le varietà vegetali coltivate e le razze animali allevate), sulla quale si focalizza spesso l’attenzione fuorviandola dal problema centrale: la naturalità in campo agricolo. Dal dossier emerge inoltre come ad esempio le steppe – ambienti minacciati e protetti dall’Unione europea – e le specie di uccelli che vi nidificano, non abbiano protezione e sostegno dalle misure dei PSR regionali nelle regioni del Sud nelle quali esse si concentrano (Puglia, Sardegna, Basilicata, Sicilia). Solo quattro Regioni hanno attivato le indennità Natura 2000, utili per indennizzare gli agricoltori dei mancati redditi e costi aggiuntivi derivanti dall’applicazione delle misure di conservazione nei siti di rete Natura 2000.Rispetto al periodo precedente – fa notare Patrizia Rossi, responsabile Agricoltura LIPU-BirdLife Italia che ha presentato a Bruxelles il dossier – l’attenzione verso la biodiversità è migliorata, tuttavia solo una piccola percentuale dei fondi dei PSR italiani sono destinati a misure dedicate in modo esplicito alla conservazione della biodiversità, mentre troppe sono le misure generiche che occupano gran parte del bilancio senza portare vantaggi significativi all’ambiente.Tra gli elementi negativi che emergono dal rapporto, i fondi destinati a misure contenenti interventi oggettivamente certi favorevoli alla biodiversità agricola e forestale, pari a circa 1 miliardo di euro, rappresentano solo il 5% delle risorse nazionali. Mentre i fondi attribuiti a misure potenzialmente dannose per la biodiversità rappresentano oltre il 16% del budget (2,9 miliardi di euro).Tra gli elementi positivi, il fatto che alcune regioni hanno proposte schemi molto promettenti: il ritiro dei seminativi dalla produzione per finalità ambientali (Emilia-Romagna); la gestione dei prati per specie minacciate come il Re di Quaglie (Friuli Venezia Giulia e Trento); gli impegni aggiuntivi a favore delle risaie (Piemonte). La novità più importante sembra essere l’esclusione dei prati stabili e dei pascoli dalle superfici da rimboschire, ambienti, questi, strategici per la tutela della biodiversità. Anche se quasi tutti i PSR prevedono poi il rimboschimento dei terreni a riposo e di quelli in fase di rinaturalizzazione.
Il rapporto completo è scaricabile all’indirizzo http://www.lipu.it/agricoltura/ag_documenti_lipu.htm.