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La biodiversità e le strategie europee di adattamento al clima

15 giugno 2009 0 commenti

 

ATEAM project, Thuiller, W., Lavorel, S., Araújo, M. B., Sykes, M. T. and Prentice, I. C. (2005)

ATEAM project, Thuiller, W., Lavorel, S., Araújo, M. B., Sykes, M. T. and Prentice, I. C. (2005)

 

 

Lo scorso mese di aprile a Bruxelles la Commissione Europea ha rilasciato una Comunicazione al Parlamento e al Consiglio riguardo una strategia europea di adattamento ai cambiamenti climatici (riferimenti: 1.4.2009, COM(2009) 147 definitivo). Il documento è intitolato “Libro Bianco – L’adattamento ai cambiamenti climatici: verso un quadro d’azione europeo”.

 

Come sottolinea il Libro Bianco, “i cambiamenti climatici aumenteranno le perdite di ecosistemi, compresi gli ecosistemi marini, e di biodiversità, con ripercussioni sulle singole specie ed effetti ben più rilevanti sugli ecosistemi e sui servizi che essi offrono e da cui la società umana dipende. Gli ecosistemi incidono direttamente sui sistemi di regolazione del clima con le torbiere, le zone umide e le profondità marine che rappresentano un’importante zona di stoccaggio del carbonio; non bisogna inoltre dimenticare gli ecosistemi delle paludi salmastre e delle dune, che rappresentano una difesa contro le forti precipitazioni. Ci saranno conseguenze anche per altri servizi ecosistemici, come la fornitura di acqua potabile, la produzione alimentare e i materiali da costruzione, senza dimenticare il problema dell’acidificazione degli oceani. Alcune prassi di uso del suolo e alcune decisioni in materia di pianificazione (ad esempio opere di costruzione nelle pianure alluvionali) e l’uso insostenibile del mare (ad esempio l’eccessivo sfruttamento della pesca) hanno reso gli ecosistemi e i sistemi socioeconomici più vulnerabili ai cambiamenti climatici e, dunque, meno adattabili”. 

 

Il Libro Bianco è indirizzato a definire le azioni di competenza dell’Unione e dei singoli Stati Membri in materia; riguardo agli ecosistemi e alla biodiversità l’obiettivo è “ promuovere strategie che aumentino la capacità di resilienza ai cambiamenti climatici in termini di salute, infrastrutture e funzioni produttive del terreno, ad esempio migliorando la gestione delle risorse idriche e degli ecosistemi”.

 

Un intero paragrafo del documento è quindi indirizzato all’obiettivo di “aumentare la resilienza della biodiversità, degli ecosistemi e delle acque”. In esso si precisa che “i servizi ecosistemici, come il sequestro del carbonio, la protezione contro le alluvioni e l’erosione del suolo, sono direttamente legati ai cambiamenti climatici: la presenza di ecosistemi in buona salute è, di per sé, una difesa fondamentale nei confronti di alcuni degli impatti più estremi. Occorre pertanto un approccio articolato e integrato al mantenimento e al potenziamento degli ecosistemi e dei beni e dei servizi che essi offrono. Alcuni Stati membri hanno adottato iniziative finalizzate a proteggere le proprie infrastrutture di terra e idriche; in tal senso, un maggior coordinamento in ambito UE potrebbe apportare ulteriori benefici. Per quanto riguarda le acque, varie politiche comunitarie in materia contribuiscono all’adattamento. Tra queste, la direttiva quadro sulle acque definisce il quadro giuridico per tutelare le acque pulite ed eventualmente ripristinarne la qualità entro il 2015 e per garantirne un utilizzo sostenibile sul lungo termine. I piani di gestione dei bacini idrografici che, a norma della direttiva, dovranno essere presentati nel 2009 terranno conto degli impatti dei cambiamenti climatici; inoltre, la serie di piani previsti per il 2015 dovrebbe contemplare misure di protezione contro i cambiamenti climatici. Le problematiche dei cambiamenti climatici possono inoltre essere integrate anche nella direttiva sulle alluvioni che, una volta attuata nella sua interezza dagli Stati membri, contribuirà ad aumentare la resilienza e a facilitare gli interventi di adattamento.

In materia di carenza idrica, la Commissione valuterà la necessità di regolamentare ulteriormente le norme applicabili alle apparecchiature che consumano acqua e al rendimento idrico nel settore agricolo, nei nuclei domestici e negli edifici. Nel 2012 è previsto il riesame della direttiva quadro sulle acque e della strategia sulla carenza idrica e sulla siccità, durante il quale verranno valutate soluzioni per potenziare la capacità di stoccaggio dell’acqua degli ecosistemi e, dunque, la resilienza alla siccità, e per ridurre il rischio di alluvioni. Nel documento di accompagnamento in materia vengono definite con maggiore precisione le tematiche legate alle acque. Per quanto riguarda gli habitat, l’impatto dei cambiamenti climatici va considerato anche nella gestione della rete Natura 2000; in tale contesto occorre garantire la diversità e l’interconnessione tra le aree naturali e consentire la migrazione e la sopravvivenza delle specie in caso di mutamenti delle condizioni climatiche. In futuro potrebbe essere necessario valutare la possibilità di creare un paesaggio permeabile per migliorare l’interconnessione delle aree naturali”.

 

Insomma, qualcosa sembra muoversi in ambito comunitario rispetto al collegamento tra cambiamenti climatici e biodiversità. Diversi Stati Membri hanno già adottato strategie di adattamento: di quella italiana si era parlato nella prima Conferenza sui Cambiamenti Climatici, che con il cambio di Governo ha visto un momento di rallentamento, anche se la Carta di Siracusa promossa dal Ministro Prestigiacomo sembra andare in questa direzione.

 

Tra i punti da approfondire anche in ambito comunitario sono il possibile effetto della biodiversità e dei servizi ecosistemici non solo in termini di adattamento ma anche di mitigazione e il ruolo del sistema economico italiano nelle strategie di adattamento non solo sul territorio nazionale ma nel contesto globale. Non va dimenticato che l’Italia, membro del G7, G8 e G 20 è uno dei principali consumatori di foreste in tutto il mondo grazie all’attivismo delle sue compagnie con attività all’estero, e quindi impatta la produzione di CO2 non solo sul territorio nazionale. Dall’altro il ruolo della biodiversità nel sottrarre CO2 viene spesso sottovalutato: ma pare intuitivo che un ettaro di piante di palma da olio non abbia lo stesso ruolo nei confronti dell’atmosfera terrestre di un ettaro di foresta tropicale strutturata. Su questi temi una maggiore attenzione della comunità scientifica e soprattutto di quella politica è fondamentale.