Pubblicato il manuale italiano degli habitat europei
E’ stato recentemente pubblicato dal Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare il manuale italiano degli habitat europei della Direttiva Habitat (Direttiva CEE/43/92). Questo lavoro è il risultato di anni di studio coordinati per la Società Botanica Italiana da E. Biondi e C. Blasi, tra i più noti specialisti a livello nazionale ed internazionale.
L’opera colma una notevole lacuna interpretativa e conoscitiva, sulla quale erano stati presentati negli anni scorsi già alcuni volumi da parte di alcune regioni sulla propria scala di competenza (Piemonte, Liguria, Lazio – anche quest’ultimo curata tra l’altro da Carlo Blasi e da altri specialisti, incluso chi scrive per l’Agenzia Regionale Parchi).
Uno dei problemi principali per l’attuazione della Direttiva in Italia è infatti la sua complessità tecnica, che vede impreparati sia gli specialisti locali che funzionari e architetti o ingegneri che devono calare le proprie progettazioni nell’ambito della valutazione di incidenza od altre procedure previste dalla normativa europea.
Il numero di habitat coinvolti, la necessità di avere competenze molto specialistiche in materia di fitosociologia e botanica, la diffusione dei siti Natura 2000 (solo nel Lazio sono circa 200) non hanno reso semplice l’efficace rispetto di quanto le regole comunitarie prevedono. In particolare anche solo comprendere quali habitat sono coinvolti nei singoli siti e sui diversi progetti sul territorio non è cosa semplice.
Questo manuale (disponibile online all’indirizzo http://vnr.unipg.it/habitat/index.jsp) renderà finalmente più agevole orientarsi in questa complessa materia, anche se rimane il fatto che sempre di più è necessario che le amministrazioni pubbliche e i soggetti privati si dotino delle professionalità necessarie, che per fortuna diversi corsi di laurea triennale e magistrale, nonché master e dottorati inseriscono sul mercato ad un tasso ancora più alto di quanto esso non riesca ad assorbire. Insomma, ci si aspetta che nei prossimi anni queste attività offrano sempre di più occasioni di lavoro, contribuendo a costruire una vera e propria filiera economica della biodiversità.