Il futuro dell’ambientalismo politico
Recentemente si è arrivati ad un passo dallo scioglimento del partito dei “Verdi” nel nuovo soggetto di “Sinistra e libertà”. L’Assemblea di Fiuggi dell’ottobre scorso ha invece ribaltato questa prospettiva, approvando con una stretta maggioranza la mozione “Il coraggio di Osare” che faceva riferimento ad Angelo Bonelli (eletto Presidente) e Marco Boato, e che propone un percorso per lo sviluppo di una “Costituente Ecologista”. Anche gli Ecodem nel PD e la stessa Sinistra e Libertà (che ha aggiunto la parola “Ecologia” nel simbolo) rivendicano una rappresentatività dell’ambientalismo in politica. Sul tema ho pubblicato un articolo su “Terra – Quotidiano ecologista” lo scorso 3 novembre, che riporto integralmente di seguito.
“La Costituente che vorrei
L’Assemblea dei Verdi di Fiuggi ha sostenuto l’idea di una Costituente Ecologista, proposta con la mozione che fa riferimento ad Angelo Bonelli. Ma perché questa prospettiva dovrebbe essere oggi percorribile, quando nel corso della storia dell’ecologismo politico nel nostro paese essa è stata una chimera da più parti auspicata ma mai realizzata? Alcune condizioni attuali e prospettive future potrebbero concorrere positivamente in questa direzione. La prima è che esiste una pressione storica che richiede una forte iniziativa di risposta alle grandi questioni globali del nostro tempo, in gran parte di genere ambientale o ad esse direttamente connesse. La seconda è che la visione ecologista è l’unico approccio attuale realmente innovativo e in grado di fornire un modello di società e di valori potenzialmente alternativo alle ideologie del mercato o dell’economia di stato, nate due secoli fa in condizioni storiche completamente differenti, che stanno dimostrando con chiarezza tutti i loro limiti. La terza è la tendenza in Europa ad una forte affermazione di movimenti e partiti con carattere ambientalista. Infine è evidente la mancanza nel panorama politico italiano attuale di una forza politica consistente e credibile che faccia riferimento ad una proposta di questo genere.
I cambiamenti climatici sono entrati prepotentemente, soprattutto dopo il rapporto Stern, al centro dell’agenda politica internazionale e lo occuperanno saldamente per molti anni a venire. L’affermazione di Barak Obama alla Presidenza degli Stati Uniti ha dimostrato che anche la più grande potenza economica del mondo sta ponendo una attenzione prioritaria al rapporto tra produzione e suoi impatti sull’ambiente. Nel progetto del primo presidente afroamericano si va però oltre, riconoscendo la grande potenzialità della green economy nel costituire non solo una risposta alle questioni ecologiche, ma soprattutto un nuovo mercato da esplorare. Uno dei teorici ispiratori del progetto elettorale di Obama è stato Thomas
Freeman, editorialista del NY Times, che in un suo recente libro ha costruito le basi per questa visione, aggiungendo un ulteriore elemento in precedenza poco valutato: l’importanza degli ecosistemi e delle specie nel mantenere i processi ed i servizi ecologici globali. Di fronte ai pochi pervicaci negazionisti, ai quali nel nostro paese viene lasciato – o creato – uno spazio mediatico molto superiore alla consistenza delle loro tesi, non si può che osservare che a livello internazionale anche i governi conservatori non perdono tempo a discutere se il problema ambientale esiste, ma cercano semplicemente di proporre soluzioni.
Un’altra delle ragioni che più fortemente richiedono di lavorare sulla costruzione di un soggetto politico centralmente ecologista è che la sola green economy non è certo sufficiente a dare una risposta efficace ai problemi del nostro tempo. Un approccio riformista, che cerchi di inserire alcuni correttivi in direzione dell’utilizzo sostenibile delle risorse all’interno di una visione liberista e di mercato, è certamente auspicabile ma non sufficiente. Un approccio più radicale che cerchi di costruire una diversa proposta di società globale incentrata su di un umanesimo moderno e aperto, sui diritti degli individui ovunque si trovino, sull’eguaglianza tra le persone, sull’essere e non sull’avere, su un insieme di valori che propongano un nuovo progetto per la nostra e le altre specie che sia in grado di invertire drasticamente le tendenze attuali è assolutamente necessario per dare una risposta efficace che guardi alle cause ultime della situazione attuale – e delle preoccupanti prospettive del prossimo futuro. E’ necessario passare dagli allarmi e dalla sola costruzione degli scenari, sui quali è facile la tentazione di far passare gli ambientalisti per cassandre catastrofistiche, ad un grande sforzo di costruzione di un progetto, di una visione, di una proposta, di una prospettiva. L’idea della “decrescita felice” va in questa direzione ma probabilmente è necessario lavorare ancora per essere in grado di effettuare una proposta auspicabile da molte persone e non solo da minoranze consapevoli.
Il recente successo in Europa di movimenti politici che si rifanno ad un approccio di questo genere sono sicuramente incoraggianti, e spingono ad una iniziativa forte anche in Italia.
Soprattutto l’esempio francese, pur coscienti del fatto che ogni paese è diverso dall’altro, può suggerire una strada da seguire. Un nuovo movimento deve innanzitutto affidarsi, in una situazione come quella attuale di grande delusione e frustrazione dell’elettorato di sinistra e laico che poco si riconosce nella proposta dei partiti esistenti, ad un drastico rinnovamento della classe dirigente, che sia in grado di porsi come credibile ed autorevole nei confronti degli elettori. In Francia questo passaggio è stato garantito e rappresentato con la leadership di Cohn – Bendit, Bové e Joly, che segnalano l’apertura del movimento di Europe Ecologie a parti della società alle quali le esperienze verdi avevano guardato solo marginalmente.
Un progetto come quello qui delineato si pone necessariamente come autonomo dai paradigmi novecenteschi di “destra” e “sinistra”, ed è invece indirizzato a proporre categorie di riferimento nuove. Peraltro già anche nel dibattito politico attuale le certezze vacillano ed è sempre più difficile capire dove si pongono i confini tra le forze politiche. Non dimentichiamo inoltre che in Italia esiste una fascia crescente di astensionismo che evidentemente non riesce ad essere motivato dai partiti esistenti. Fenomeni come quelli del successo elettorale dell’Italia dei Valori o dei gruppi che fanno riferimento a Beppe Grillo potenzialmente potrebbero trovare una risposta ed un attrattore con lo sviluppo di una Costituente Ecologista che fosse aperta, partecipata, condivisa e realmente nuova.
Anche l’ambientalismo associativo potrebbe trovare forme di partecipazione in un progetto di questo genere, sia pure in una totale autonomia ed indipendenza. Immagino, ad esempio, un ruolo delle associazioni – non solo quelle ambientaliste – come “garanti” di un percorso di costruzione di una Costituente immaginata come una rete e non come un partito, che privilegi i contenuti ed i progetti ai meccanismi interni e di potere. Andrà posta grande attenzione a non ripetere gli errori che in un passato sono stati commessi nella gestione dei Verdi e nella loro partecipazione all’esperienza di governo. Non è forse il caso di evocare l’ecologismo della politica, ma come minimo va preteso che nelle scelte concrete si privilegino le qualità alle appartenenze, le capacità alle “cordate”. La nuova Costituente Ecologista o sarà un progetto “alto”, visionario, ambizioso e capace di concretezza, pragmatismo e coerenza, o non sarà”.