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BirdLife International sollecita un legame tra biodiversità e clima

16 dicembre 2009 0 commenti

Giuliano Tallone portraitAlmeno 200 miliardi di dollari saranno necessari ogni anno entro il 2020 per i Paesi in via di sviluppo, inclusi 35 miliardi per la tutela delle foreste e 100 miliardi per favorire l’adattamento all’ impatto dei cambiamenti climatici. Lo dice BirdLife International, alleanza delle associazioni mondiali per la tutela degli uccelli e degli ecosistemi, rappresentata in Italia dalla LIPU, a Copenaghen.

La tutela delle foreste può dare un contributo decisivo alla salvaguardia del clima del pianeta: il 20% delle emissioni complessive è causata proprio dalla deforestazione tropicale, che intacca i preziosi depositi di carbonio costituiti da questi habitat naturali.  Con un meccanismo di mercato come il “REDD” (Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation) si potrebbero fornire incentivi finanziari a favore di quei Paesi che decidono di conservare le proprie foreste anziché riconvertirle in aree agricole o industriali.

E’ questa la prima delle cinque richieste che LIPU e BirdLife International rivolgono alla conferenza di Copenaghen, richiamando i Paesi partecipanti all’importanza vitale di salvaguardare la biodiversità e gli ecosistemi nell’adattamento e nella mitigazione dei cambiamenti climatici.

Dopo le grandi manifestazioni del 12 dicembre, sia quella in Italia relativa all’appello “Fermiamo la febbre del pianeta” (promosso dalla coalizione In marcia per il clima, di cui LIPU fa parte con altre decine di associazioni italiane), sia quella che si tiene a Copenaghen nell’ambito del “Climate Action Network” (cui LIPU partecipa come BirdLife International insieme ad altre 522 sigle provenienti da 67 Paesi), la LIPU si unisce alla richiesta di un accordo vincolante che riduca in modo drastico le emissioni di gas serra: “Innanzi tutto – spiega l’associazione – un taglio delle emissioni globali dell’80% entro il 2050, rispetto ai livelli del 1990, per limitare l’aumento della temperatura media globale a meno di due gradi rispetto ai livelli preindustriali”.

In particolare, la LIPU e BirdLife chiedono che si riconosca l’importanza vitale di salvaguardare la biodiversità, gli ecosistemi e i servizi essenziali che essi forniscono nella mitigazione e nell’adattamento ai cambiamenti climatici. In particolare la riduzione delle emissioni derivante dalla deforestazione tropicale incide per il 15-20% del totale delle emissioni causate dall’uomo. Il “REDD”, un meccanismo che potrebbe premiare dal punto di vista finanziario quei Paesi che decidono di difendere le foreste anziché creare al loro posto aree agricole o industriali, sarebbe fondamentale per una efficace tutela del clima a livello planetario.

Conservando habitat come foreste e torbiere, possiamo assicurare che il carbonio rimanga immagazzinato in questi ecosistemi e anche continui a essere isolato dall’atmosfera. Ecosistemi in buona salute e ricchi di biodiversità svolgono un ruolo fondamentale nel mantenere e aumentare l’elasticità, o resilienza, ai cambiamenti climatici.

C’è poi il capitolo degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo: almeno 200 miliardi di dollari saranno necessari ogni anno entro il 2020 per ridurre le emissioni da deforestazione, favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici e supportare uno sviluppo a basso tasso di carbonio (low carbon), inclusi 35 miliardi per il “REDD”, e 100 miliardi per favorire l’adattamento dei Paesi in via di sviluppo all’inevitabile impatto dei cambiamenti climatici.

E’ paradossale che il Governo italiano produca in finanziaria un pauroso e verticale ulteriore taglio agli aiuti per la cooperazione allo sviluppo, proprio in questi giorni, quando a Copenhagen si discutono queste proposte. Nella discussione parlamentare, seguita alla fiducia posta sulla finanziaria, molti interventi sottolineano questa assurdità, che di fatto è una vera e propria presa in giro per le politiche internazionali del nostro Paese.

Diciannove partner di BirdLife International stanno partecipando alla conferenza sul clima di Copenaghen e chiedono che si arrivi a un accordo in grado di fronteggiare la minaccia globale che i cambiamenti climatici rappresentano nei confronti della natura e delle popolazioni umane.

Chiediamo ai leader mondiali a Copenaghen che  si accordino per definire target concreti di riduzione delle emissioni di gas serra” afferma BirdLife International.

Nello scorso secolo, la temperatura superficiale della terra è aumentata in media di 0,74 gradi centigradi. Un aumento di temperatura oltre i due gradi porterebbe a effetti catastrofici sulla natura, le popolazioni umane e l’economia globale. “I cambiamenti climatici sono in corso. In certi luoghi la temperatura media si è alzata oltre la soglia dei due gradi. C’è una finestra da oggi al 2015 per agire per un significativo rallentamento o limitazione dell’incremento della temperatura”.

Gli areali di specie vegetali e animali si stanno già spostando verso latitudini (Polo Nord) e altitudini più elevate, e studi affermano che molte specie non saranno in grado di stare al passo con un diverso spazio climatico.

Crediamo  sia essenziale – continua BirdLife – che i risultati di Copenaghen sottolineino l’importanza vitale di salvaguardare la biodiversità, gli ecosistemi e i servizi essenziali che essi forniscono nell’adattamento e nella mitigazione dei cambiamenti climatici”.

Se in buona salute, ambienti ricchi di biodiversità svolgono un ruolo fondamentale nel mantenere e aumentare l’elasticità (resilienza) ai cambiamenti climatici aiutando a mitigare i suoi effetti. Conservando habitat ricchi in carbonio, come foreste e torbiere, possiamo assicurare che il carbonio rimanga immagazzinato in questi ecosistemi e anche continui a essere isolato dall’atmosfera. Ecosistemi in buona salute inoltre giocano un ruolo chiave nell’adattamento ai cambiamenti climatici attraverso la protezione di risorse naturali di base, e fornendo opzioni alternative di sostentamento.

La partnership di BirdLife International crede che qualsiasi accordo a Copenaghen debba seguire le seguenti 5 azioni:

  1. Taglio delle emissioni globali in misura sufficiente a limitare l’aumento della temperatura media globale a meno di due gradi rispetto ai livelli preindustriali. I Paesi sviluppati dovrebbero assumere la leadership nel taglio delle emissioni, ma anche i Paesi a rapido sviluppo industriale devono seguire questa direzione. Le emissioni globali devono raggiungere un picco e poi diminuire prima del 2020, per ridursi dell’80% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990.
  2. Riconoscere l’importanza vitale di salvaguardare la biodiversità, gli ecosistemi e i servizi essenziali che essi forniscono nella mitigazione dei cambiamenti climatici, in particolare la riduzione delle emissioni derivante dalla deforestazione e degradazione (REDD). La deforestazione tropicale incide per il 15-20% del totale delle emissioni causate dall’uomo. Il meccanismo del “REDD” deve inserire come priorità la conservazione delle foreste tropicali naturali, in quanto importante deposito di carbonio, ed escludere la conversione di foreste naturali in foreste a uso industriale o aree per coltivazioni agricole. Il REDD deve rispettare, supportare e promuovere i diritti delle popolazioni locali indigene.
  3. Riconoscere l’importanza vitale di salvaguardare la biodiversità, gli ecosistemi e i servizi essenziali che essi forniscono nell’adattamento ai cambiamenti climatici. Se in buona salute, ambienti ricchi di biodiversità svolgono un ruolo fondamentale nel mantenere e aumentare l’elasticità (resilienza) ai cambiamenti climatici.
  4. Fornire fondi ai Paesi in via di sviluppo per ridurre le emissioni da deforestazione, favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici e supportare uno sviluppo a basso tasso di carbonio (low carbon). Almeno 200 miliardi di dollari saranno necessari ogni anno entro il 2020, inclusi 35 miliardi per il “REDD”, e 100 miliardi per favorire l’adattamento dei Paesi in via di sviluppo all’inevitabile impatto dei cambiamenti climatici.
  5. Assicurare meccanismi trasparenti inerenti i crediti di carbonio. Le attuali regole consentono di “nascondere” le emissioni causate da un determinato uso del suolo e allo stesso tempo di reclamare crediti per l’immagazzinamento del carbonio. E le regole proposte a Copenhagen, così come si stanno sviluppando, potrebbero addirittura essere peggiorative.

Ma le notizie che arrivano da Copenaghen non sono rassicuranti.