LIPU e WWF chiedono un colpo d’ala dall’Italia a Nagoya
“L’Italia si faccia promotrice di un accordo di alto livello per la conservazione della natura e della biodiversità a livello mondiale”. E’ la richiesta che la LIPU-BirdLife Italia e WWF Italiarivolgono al Governo italiano impegnato tramite il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo alla Conferenza mondiale sulla biodiversità (COP 10) che si sta svolgendo a Nagoya, in Giappone.
“Dopo aver fallito l’obiettivo del 2010 di ridurre la perdita di biodiversità – dichiarano LIPU e WWF – i capi di governo sono ora chiamati a Nagoya ad adottare una nuova ambiziosa strategia per il 2020: far sì che ciascun Paese protegga il 20% del proprio territorio con aree protette. E indispensabile investire oggi sostanzialmente nelle aree protette in tutto il mondo – ovviamente a partire dal nostro Paese, ripristinando il taglio del 50% ai finanziamenti dei parchi nazionali – al fine di evitare costi ben maggiori nei prossimi anni a causa del mancato intervento. L’Italia faccia la sua parte”.
Secondo uno studio di BirdLife International e Conservation International presentato pochi giorni fa, per espandere e gestire adeguatamente le aree protette il fabbisogno dei Paesi poveri ammonta a 15 miliardi di dollari USA all’anno, cifra che dovrebbe essere stanziata insieme da tutti Paesi “ricchi” del mondo.
I più affermati economisti hanno inoltre calcolato che il mancato incremento degli sforzi per la conservazione della biodiversità ci costerà il 7% del PIL, entro il 2050, per non citare i conflitti sull’uso delle risorse, i rifugiati e l’instabilità politica che avrà luogo quando i nostri ecosistemi avranno raggiunto i “tipping points”, ossia punti di non ritorno del collasso.
L’UE, inoltre, deve anche porre fine al blocco del trattato contro la bio-pirateria. Il cosiddetto Protocollo su Access and Benefit Sharing (ABS) renderebbe finalmente possibile per i Paesi in via di sviluppo trarre benefici dai profitti che le industrie realizzano su microorganismi, animali e piante, che vivono nei propri Paesi. Sino ad ora, il settore farmaceutico in particolare, sta sfruttando queste risorse senza il loro consenso e partecipazione.
Parma, 26 ottobre 2010