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E io pago ! – parte I

22 luglio 2009 0 commenti
L’amministratore delegato dell’ENI, Paolo Scaroni, ha annunciato qualche giorno fa, dalle pagine della Repubblica – Affari e Finanza, una proposta per stabilizzare i prezzi del petrolio, di cui avevo già anticipato qualcosa nell’articolo “Il paradosso di Epimenide”, al fine di garantire gli investimenti, preservare la crescita economica, incoraggiare un uso efficiente dell’energia, salvaguardare le produzioni alimentari, incoraggiare lo sviluppo delle energie rinnovabili e le nuove tecnologie estrattive. Secondo l’ENI, per concretizzare questa sorta di quadratura del cerchio, occorrerebbe stabilizzare il prezzo del greggio a un livello di equilibrio, in una fascia tra i 70 e gli 80 dollari al barile. Il sistema, frutto della fantasia e del genio tipicamente italiani, si chiama Blueprint, ma Scaroni mette subito le mani avanti: “La nostra proposta è, lo sappiamo, una provocazione, uno stimolo alla discussione, un invito a riflettere su un problema importante per l’umanità intera” e “sappiamo benissimo che è velleitario pensare che sia oggi concretamente attuabile”. Ma perché, invece di sondare, scavare ed estrarre, storiche “missions” dell’Azienda, l’ENI si trasforma in una specie di pensatoio petrolifero globale? Perché “siamo convinti che avere stabilmente una capacità di produrre petrolio in eccesso rispetto alla domanda riduca drasticamente le oscillazioni dei prezzi”. E già qui cominciamo a capire qualcosa, la dinamica dei prezzi non è attribuibile alla categoria malefica degli speculatori, ma all’andamento della produzione che, a differenza di “quando il petrolio costava 10 dollari al barile” fa fatica a soddisfare la domanda. Sempre secondo Scaroni, al prezzo attuale del barile, le compagnie avrebbero “adeguati ritorni dai loro investimenti” sulla base delle previsioni dei prezzi futuri, ma i paesi produttori, le cui economie dipendono da prezzi e quantità attualmente in calo, non investirebbero più nell’aumento della capacità produttiva. Qui non lo seguo molto, ma andiamo avanti. Gli strumenti per calmierare il prezzo del petrolio su cui, secondo Scaroni, “nasce lo scetticismo, che condivido”, dovrebbero essere definiti e resi operativi da un’Agenzia globale che potrebbe essere uno sviluppo dell’International Energy Forum con sede a Riyad. Boh, mi viene da dubitare, chi ci starebbe dentro questo nuovo organismo e come si metterebbero d’accordo? Ma mi consolo pensando che Scaroni probabilmente condividerebbe il mio scetticismo. Veniamo infine al succo della proposta denominata Blueprint, che leggiamo nella scheda allegata all’intervista: un “fondo di stabilizzazione che verrebbe accumulato nel tempo e utilizzato per mantenere un adeguato livello di investimenti anche quando i prezzi del greggio lo scoraggerebbero” e “l’eccesso di capacità”. L’eccesso di capacità spiega Leonardo Maugeri, direttore dell’ENI, “è l’elemento essenziale per stabilizzare i prezzi” necessario ad assorbire le tensioni del mercato. Naturalmente, continua Maugeri, “…per avere un eccesso di capacità strutturale al servizio della sicurezza energetica, bisogna che sia remunerata. Per remunerare l’eccesso di capacità rendendolo strutturale ed equamente distribuito, abbiamo immaginato un mercato nel quale i produttori offrono eccesso di capacità certificato dall’Agenzia, e i consumatori acquistano il diritto di accedere a quella capacità nei momenti di crisi dotandosi così di una sorta di assicurazione”.
E adesso forse abbiamo capito, altro che filantropia verso i destini dell’umanità, i consumatori, cioè tutti noi, dovrebbero pagare ai produttori (quindi anche all’ENI), i costi aggiuntivi di investimenti non più remunerativi ai prezzi di mercato a causa dei sempre maggiori costi di estrazione e produzione. Insomma, una via tutta italiana al picco del petrolio, alle spalle del contribuente. Avrebbe detto il grande Totò: “E io pago !!”