L’entusiasmante caduta delle emissioni di gas serra
La crisi ha partorito immediatamente un portentoso calo dei consumi e, in conseguenza, un potente ribasso delle emissioni di gas serra causa del riscaldamento globale, lasciando in uno stupore attonito il ristretto mondo dell’ecologia che conta.
In Europa, questa tendenza si è manifestata con qualche anno di anticipo rispetto alla crisi, probabilmente per colpa della crescente competizione internazionale dei paesi asiatici emergenti, ma anche per una volontà politica più sensibile ai problemi del cambiamento climatico.
Nel primo grafico allegato, che ho elaborato a partire dai dati disponibili sul sito di Sinanet, che aggiorna annualmente l’inventario delle emissioni nazionali, potete vedere plasticamente l’inversione di tendenza della crescita emissiva verificatasi in Italia negli anni 2006 e 2007 (-3,6%), che sembra correlarsi bene con l’andamento storico dei consumi energetici totali e che sicuramente continuerà in maniera accentuata negli anni successivi. Se tale tendenza dovesse rimanere inalterata fino al 2012, incredibilmente potremmo quasi raggiungere l’obiettivo di Kyoto per effetto principale della decrescita economica.
Ma come si colloca l’Italia nel quadro più ampio delle politiche europee? Male, è la risposta scontata. Come si evinc
Questi paesi però, si legge nel rapporto, hanno ridotto pesantemente le emissioni, prevalentemente attraverso il miglioramento dell’efficienza energetica dopo l’unificazione tedesca delle regioni dell’Est e la conversione dei propri sistemi energetici a combustibili fossili con minore contenuto di carbonio, e ultimamente, grazie alla riduzione della domanda di riscaldamento causata da inverni più miti.
Concludendo, non sarà così facile ottenere nuovi sensibili incrementi dell’efficienza energetica solo con la tecnologia. I buoni risultati complessivi conseguiti finora dall’Europa potranno essere ulteriormente migliorati nel rispetto dell’ultimo accordo di riduzione denominato “20-20-20”, solo iniziando ad orientare il modello di sviluppo alla stazionarietà invece che alla crescita dell’economia.